IL KILLER SERIALE ULTIMO DELLA CLASSE

L'assassino di prostitute, già condannato per la morte di cinque donne, in regime di semilibertà è tornato a uccidere ingannando psicologi e magistrati. Com'è possibile?

Un ergastolo e circa 200 anni di carcere sono le condanne accumulate da Maurizio Minghella, 62 anni, tuttora dietro le sbarre per aver commesso una serie di omicidi e sevizie in danno di prostitute avvenuti fra il 1997 e il 2001 su Torino e provincia. L’uomo si trovava in regime di semilibertà dopo aver ucciso 5lucciole” a Genova nel 1978. L’uomo, prima di passare ai massacri era già pregiudicato per rapina, sequestro di persona ed evasione. La sua è una di quelle storie che fanno rabbrividire. Nato a Genova nel 1958, a soli sei anni Maurizio assiste impotente e intristito, insieme ad altri 4 fratelli, alla separazione dei genitori. La madre cresce da sola i suoi 5 figli ma dopo alcuni mesi accoglie in casa un nuovo compagno. Questa scelta, purtroppo, si rivelerà una vera e propria fonte di guai. L’uomo, infatti, è dedito all’alcol e quando torna a casa picchia in continuazione la convivente ed i suoi figlioli. Anni dopo Minghella confesserà di aver sognato tante volte di uccidere quell’ubriacone strangolandolo, da dietro le spalle, con una corda ben stretta al collo. Il futuro killer, ancora bambino, frequenta la scuola elementare ma non riesce a superare la seconda classe. A 12 anni è ripetente e frequenta ancora la prima ma nessuno si azzarda a prenderlo in giro. Maurizio è uno scolaro violento e manesco e non perde occasione per menare i compagni. Abbandonati gli studi il ragazzo si arrangia con piccoli lavoretti e qualche furtarello ma dopo qualche anno inizia a rubare scooter e utilitarie e frequenta ragazze sempre diverse.

Maurizio Minghella dopo la condanna definitiva all’ergastolo.

Dopo la perdita di uno dei fratelli, deceduto per un incidente con la moto, Maurizio sviluppa una morbosa attrazione per i “cadaveri” e forse proprio in questo triste episodio, oltre che nella conflittualità tra i genitori e maltrattamenti subiti, che vanno ricercate le cause delle azioni criminali consumate dal giovane delinquente dal cuore di ghiaccio e senza pietà. Nel ’77 Minghella sposa la quindicenne Rosa Manfredi. Il matrimonio si risolve in un lampo per un tragico destino: la ragazza muore in seguito ad una overdose da psicofarmaci in un momento di depressione a seguito di un aborto spontaneo. Quando la ragazzina ebbe la crisi Maurizio non era in casa. Come tante altre volte. Si trovava in compagnia di una squillo, come tutte le sere. L’escalation criminale sarebbe iniziata l’anno successivo.

Il 18 aprile 1978 l’uomo, già nel mirino di polizia e carabinieri, uccide la prostituta ventenne Anna Pagano, nascondendone il cadavere alla periferia di Trensasco, in provincia di Genova. Il corpo senza vita della poveretta verrà ritrovato in aperta campagna, da alcuni pastori. La prostituta presenta la testa fracassata, segni evidenti di lunghe sevizie con ecchimosi e ferite lacero-contuse sparse per tutto il corpo. Un particolare agghiacciante alla prima ricognizione autoptica: una penna a sfera conficcata nell’ano. Sul corpo della vittima gli inquirenti ritroveranno anche una scritta:”Bricate Rosse” anni dopo si chiarirà l’arcano e l’errore ortografico tipico di chi, appunto, ha abbandonato la scuola alla prima elementare. L’8 luglio successivo sparisce dalla circolazione Giuseppina Jerardi. La donna verrà ritrovata morta ammazzata con le stesse raccapriccianti modalità della sua giovane collega. Il corpo, stavolta, era stato nascosto all’interno di un’auto rubata e abbandonata.

E’ lui il serial killer delle prostitute.

Otto giorni dopo, il 18 luglio, ucciderà dopo averla fatta soffrire in maniera atroce, Maria Catena Alba, una ragazzina di 14 anni, che verrà ritrovata il giorno successivo nuda e legata con una specie di garrota ad un albero.

Il 22 agosto, dopo una notte passata in discoteca. Minghella ucciderà Maria Strambelli di 21 anni, il cui corpo verrà scoperto da un automobilista dopo 3 giorni dalla scomparsa alla periferia di Genova.

Il 28 novembre l’ultima vittima: Wanda Scerra di 19 anni, amica della Strambelli. Il cadavere viene scoperto in una scarpata. La bella ragazza è stata violentata e poi strangolata, oppure al contrario ma questo particolare non si è mai potuto appurare con i mezzi scientifici dell’epoca. Minghella, dopo appena un mese di indagini, verrà arrestato nella notte tra il 5 e il 6 dicembre 1978. Lo spietato stupratore seriale confesserà l’omicidio della Strambelli e della Scerra ma negherà qualsiasi responsabilità personale negli altri delitti.

Tina Motoc, una delle vittime.

Il 3 aprile 1981 Maurizio Minghella veniva condannato dalla Corte d’Assise di Genova all’ergastolo per ben 5 omicidi, L’umo dovrà scontare il fine pena mai nel carcere di massima sicurezza di porto Azzurro. In carcere il killer con la fissa delle giovani donne, meglio se prostitute, si è sempre proclamato innocente relativamente ad alcuni atti criminosi. Nel 1995, a 37 anni, l’uomo otteneva la semilibertà e veniva trasferito nel carcere delle Vallette di Torino. Subito dopo Minghella entrava nella comunità di recupero di don Ciotti, più esattamente in una delle cooperative del Gruppo Abele dove lavora come falegname. Non c’è nulla da fare, però. Quella vita “monastica”, fatta di lavoro, di una donna che gli voleva bene ed di un tetto sicuro non era fatta per Maurizio Minghella che, nel 1996, approfittando dei benefici, tornava ad uccidere. In cinque anni lo stupratore e assassino solitario ammazzerà, con le rivoltanti modalità di sempre, ben cinque donne, dai 27 ai 67 anni d’età. L’ultima, Florentina Motoc detta Tina di 27 anni, madre di un bimbo di 2, verrà rinvenuta sfigurata e con il corpo nudo ma quest’ultimo efferato omicidio servirà ad incastrare, definitivamente, il mostro. Maurizio Minghella veniva arrestato il 7 marzo del 2001 dopo diversi accertamenti scientifici che portavano a lui grazie ad alcuni reperti di materiale biologico appartenente all’assassino e ritrovato sugli indumenti delle vittime.

Le prostitute avevano paura di fare la stessa fine delle colleghe.

 

Sospettato di dieci omicidi di prostitute, il killer veniva condannato per la morte di sole sette donne. Lo scorso 13 marzo è stata confermata dalla Cassazione la condanna a trent’anni di reclusione per l’uccisione di Florentina Motoc, la giovane albanese strangolata il 14 febbraio del 1998 in un campo vicino a Rivoli, in provincia di Torino, un caso che rimase a lungo irrisolto e poi riaperto solo nel 2014.

La vicenda, che ha dell’incredibile, rimane ancora più assurda più che per le azioni criminali del mostro, per la concessione della semilibertà ad un criminale di quel calibro già condannato all’ergastolo. L’uomo, approfittando di scarsi controlli e forse di qualche complicità, è tornato a uccidere senza che nessuno potesse sospettare di lui. Come ha fatto un uomo con un quoziente intellettivo di appena 70, ignorante e sciocco, anche in considerazione dei clamorosi errori commessi e delle innumerevoli tracce lasciate sulla scena del crimine, ad ingannare gli inquirenti per un periodo così lungo? Stessa cosa per coloro i quali gli hanno dato troppo facilmente la possibilità di redimersi. Permettendogli invece di insanguinarsi le mani con altre cinque vittime. 

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Email
Stampa