E quando c’è spara a vuoto. La Sinistra infatti ancora non si castiga dopo quel po’ po’ di risultato elettorale. L’opposizione deve essere solo costruttiva per come è ridotto il Bel Paese. Non c’è tempo per beghe e litigi, men che meno per dare la caccia a ruoli di sottogoverno. Bisogna solo rimboccarsi le maniche.
Roma – Governo al galoppo. Meloni ed i suoi studiano i dossier e dopo il passaggio delle consegne stanno lavorando per affrontare soprattutto i diversi nodi sociali che strangolano il Paese. Il Premier prima delle elezioni era considerata il “Calimero” della coalizione. La “donna” da mettere all’angolo, insomma da trattarecome tale. Invece la Giorgia nazionale ha tenuto testa sia a Salvini che a Berlusconi e sevogliamo anche a tutti gli altri, odierna opposizione compresa. Ora è il tempo di scrivere un’altra pagina della storia italiana senza troppi trionfalismi e distinguo. Inutile disquisire sui vari ministeri e la loro denominazione.Cosi facendo si è voluto apportare un cambiamento forse non tanto identitario quanto fisiologico che marcasse la discontinuità con i precedenti governi ai quali FdI non ha mai partecipato. Punto.
In ogni caso è ovvio che un esecutivo di coalizione debba considerare le varie richieste che provengono dai partiti. Ma in questo caso ci deve essere una linea di confine e la leader di FdI è riuscita a renderla invalicabile. Ci si poteva aspettare di più nella scelta dei ministri ma la Premier ha saputo utilizzare bene una sorta di intransigenza per le nomine e tale evenienza non era affatto scontata. Del resto questa è la sua occasione politica e il successo personale è strettamente legato a quello del governo, logico quindi che abbia cercato di darvi la sua impronta. Ora avrà bisogno della stessa determinazione poiché i pericoli saranno le incomprensioni all’interno della coalizione più che le bordate di un’opposizione divisa e, a quanto sembra, priva di mordente.
È singolare come il Pd, con alle spalle una campagna elettorale deludente, giocata soprattutto all’interno del centrosinistra, senza proposte qualificanti né un abbozzo di alternativa credibile, abbia incominciato a fare opposizione con lo stesso copione. Cosi da sentirsi rispondere da Conte e Calenda che non serve mettersi a tavolino per formare un fronte comune se manca un progetto politico. Il fatto è che nel Pd non si vede alcuno sforzo di elaborazione di un modello di società a cui tendere, con proposte forti e mobilitanti, da cui dovrebbe derivare anche una diversa organizzazione del partito.
Non con l’utopistico traguardo di azzerare le correnti, che possono essere anche positive in contrapposizione ai partiti “personalizzati”purché servano per remare tutti nella stessa direzione dopo gli opportuni distinguo. Peraltro è mai possibile che nessuno si interroghi sul perché durano così poco i vari segretari che si succedono alla guida del partito? Pur intuendosi il motivo è come se ad ogni sconfitta o dissidio sulla linea da tenere, il Pd volesse cambiare la guida non tanto e non solo per le maggioranze ballerine che si interfacciano all’interno, ma soprattutto per cambiare un’etichetta, un brand, che dia la sensazione di qualcosa di nuovo, pur rimanendo identici gli ingredienti di una bevanda che non soddisfa i diversi palati.
Insomma la solita operazione di marketing percepita come stantia. Il Pd, allora, dovrebbe guardare meno alle alleanze e più alle proposte riformiste da offrire agli elettori. La complessità della situazione politica ed economica internazionale impone un governo risoluto ed una opposizione che lo incalzi sulle cose da fare. Occorrono entrambe le gambe per il fisiologico cammino del Paese.