La crescente divisione tra i partiti del centrodestra si palesa nelle scelte discordanti dei candidati sindaci di tutta Italia, ad eccezione di Palermo. M5s e Pd già si fregano le mani, sperando di guadagnare consensi da questa baraonda.
Roma – La guerra fratricida all’interno del centrodestra si è allargata in quasi tutta la penisola, apparentemente senza possibilità di tregua. Il centrosinistra ringrazia e coglie l’occasione per evidenziare le diversità e le legittime incongruenze che animano il dibattito della coalizione avversa. Situazioni che permettono di sottolineare con sempre più facilità divergenze e liti tra partiti alleati solo sulla carta. Ne consegue un’infinità di spunti di riflessione in una campagna elettorale in cui i programmi elettorali rimarranno racchiusi in un libro dei sogni da gettare nel cestino alla chiusura dei seggi.
Unica isola felice, per usare un eufemismo, sembra essere la Sicilia. Scampato pericolo ma solo a Palermo. L’accordo del centrodestra su Roberto Lagalla, ex rettore ed già assessore regionale, candidato sindaco, non è rimasto sotto la valanga di insulti e giudizi al vetriolo venuti alla ribalta delle cronache e poi smentiti a seguito dell’intervista su La Stampa del forzista Gianfranco Micciché.
Il coordinatore azzurro ha ribadito il no alla ricandidatura del “fascista catanese” nonché attuale governatore della Sicilia, Nello Musumeci, che gli Azzurri e la Lega non intendono confermare alla guida della Regione quando si voterà in autunno. Tuttavia, per Giorgia Meloni, e solo per lei, Musumeci è un “intoccabile”.
Fatto sta che anche dopo la presentazione delle liste l’atmosfera tra i partiti della coalizione rimane cupa. La Sicilia non è un caso isolato e il mancato vertice tra i leader di FdI, Lega e FI lo conferma. Nel centrosinistra la situazione è tutt’altro che tranquilla. Anzi le diverse posizioni sul conflitto e sull’invio di armi all’Ucraina, tra Pd, M5s e Sinistra, sono sotto gli occhi attenti di tutti i cittadini. Ormai stanchi di questo continuo teatrino di provincia.
L’evaporazione del M5s sul territorio è un dato di fatto. Oltre Parma il quadro è desolante. In Sicilia, storico granaio di voti per il movimento di Grillo i 5 Stelle presentano la lista in coalizione con il Pd solo in 3 Comuni su 120 come Palermo, Messina e Scordia, in provincia di Catania. Per il resto è tutto un proliferare di candidati nelle liste civiche a sostegno del Pd.
I partiti politici si stanno trincerando in coalizioni e contenitori troppo differenti e non a livello ideologico. Soprattutto sul piano della concretezza politica, con programmi diametralmente opposti rispetto a quelli dell’alleato. Non si placa, dunque, lo scontro di potere in alcuni città come Verona, dove i forzisti non hanno voluto sostenere il sindaco uscente Federico Sboarina, recentemente approdato in FdI e sostenuto anche dalla Lega.
Il partito di Berlusconi, cosi facendo, ha deciso di sfidare gli alleati appoggiando la candidatura dell’ex sindaco e già leghista Flavio Tosi. Uno scontro nel centrodestra che potrebbe giovare al candidato del centrosinistra, grande centrocampista della Roma e della Nazionale, Damiano Tommasi.
Anche a Viterbo il centrodestra rischia di consegnare la vittoria ai Dem. Da un lato FI sostiene il candidato della Lega, Claudio Ubertini, dall’altro la civica Laura Allegrini che ha come principale sponsor Giorgia Meloni. Il terzo incomodo che potrebbe uscire vittorioso è la Dem Alessandra Troncarelli, attuale assessore regionale per la quale si sono schierati anche sostenitori dell’ex coalizione di centrodestra.
Situazione analoga, come avevamo accennato, a Parma dove il partito di Giorgia Meloni correrà da solo con Priamo Bocchi, mentre Lega e FI sosterranno l’ex sindaco Pietro Vignali. Anche qui la divisione potrebbe favorire il centrosinistra, che punta su Michele Guerra, sostenuto anche dall’uscente sindaco Domenico Pizzarotti. La stessa sceneggiatura si ripete a Catanzaro, dove FdI ha deciso di non appoggiare la candidatura voluta da Lega e FI del civico Valerio Donato.