Il comparto con i suoi 2,5 miliardi di fatturato annuo ha avuto una perdita, proprio in questo periodo cruciale, pari al 100%. Le rassicurazioni del ministro Bellanova sono cadute nel vuoto. 29mila ettari di coltivato da buttare.
In questo periodo di emergenza è consentita la vendita al dettaglio di semi, piante e fiori ornamentali, piante in vaso, fertilizzanti, ammendanti e di altri prodotti simili, poiché rientra nelle attività di produzione, trasporto e commercializzazione di prodotti agricoli ammesse dall’art. 1 del Dpcm del 22 marzo 2020. Con questa comunicazione il Governo rassicura gli operatori del comparto florovivaistico che, con oltre 27mila aziende produttrici e 100mila persone impiegate, oggi ha un valore che rappresenta il 5 percento della produzione agricola italiana. Ma chi compra fiori in questo periodo?
E perché dovrebbe farlo se i cimiteri sono chiusi e tutte le cerimonie sono sospese o, quantomeno, non vengono svolte come tradizione vuole? Rimangono allora solo le ricorrenze private: compleanni, anniversari, tentativi di riappacificazioni dopo litigi scatenati dalla convivenza forzata con il partner e non solo: “Anche se potessi riaprire, cosa che ad oggi non si può – dice Armando, fioraio – perchè dovrei farlo? Già immagino un mio cliente che compila la sua bella autocertificazione scrivendo di avere la necessità di uscire di casa per comprare un mazzo di fiori e le forze dell’ordine che lo lasciano andare senza fare problemi e senza obiettare: quindi per lei un fiore è un bene di prima necessità?” A parte l’ironia, che però dà la misura del disagio, c’è tutto il dramma che stanno vivendo miglia di commercianti e operatori del settore. C’è un intero indotto in ginocchio. “…L’agricoltura non si è fermata…”, aveva subito annunciato, all’indomani dell’emergenza, il premier Conte. Una verità parziale che riguarda solamente le componenti della filiera agroalimentare, ma almeno 27mila aziende sono ferme (senza contare gli altri settori come, ad esempio, quello lattiero-caseario) e il danno economico è già incalcolabile. Le decisioni del governo possono salvare, ma non del tutto, la commercializzazione di piante ornamentali o in vaso, favorendo la continuità dei rapporti tra produttori e la grande distribuzione organizzata, ma ciò agevola solo le grosse aziende.
C’è da chiedersi, tra l’altro, chi è che nella foga e nella ressa ai supermercati, nota e acquista le piante esposte in bella mostra negli scaffali. Con i mercati rionali chiusi e con le limitazioni per le attività commerciali, viene a mancare, al contrario di quanto afferma il Governo, la vendita al dettaglio. Rimangono aperti solo i «garden center». Fuori da ogni circuito di commercializzazione sono rimasti i fiori da reciso in un periodo, quello primaverile, in cui si registra il 60 percento dei ricavi annuali dell’intero sistema. Le perdite stimate, in alcune zone d’Italia dove gli imprenditori agricoli si dedicano solo a produzioni esclusivamente primaverili, sono del 100 percento. Gli investimenti sono stati già fatti e, quando c’era da raccogliere i frutti tutto è andato in fumo. Ma chi pagherà questo danno?
Di certo non le assicurazioni che possono coprire i danni causati da calamità naturali ma non da pandemie. Per questi motivi, nelle settimane scorse, le associazioni di categoria avevano lanciato il loro grido d’allarme al ministro per le Politiche Agricole, Teresa Bellanova, che aveva tra l’altro risposto presente inviando, a sua volta, una richiesta di impegno concreto al premier Conte per provare a salvare il salvabile. Gli operatori del settore chiedono che sia riconosciuto lo stato di calamità per cercare di recuperare, quanto meno, fatture alla mano, i soldi già investiti oltre a moratorie su mutui, finanziamenti e pagamenti per le aziende, cassa integrazione per i lavoratori in deroga alle attuali regole, il rinvio del pagamento dei contributi previdenziali e delle imposte, il sostegno al reddito per i soci produttori delle cooperative e quant’altro.
Questo prima delle recenti rassicurazioni arrivate da Palazzo Chigi commentate sull’agenzia stampa «Agrcolae.eu» dal ministro Bellanova: “…Al netto di più puntuali verifiche tecniche, un’ottima notizia per il settore del florovivaismo che rischiava di esser messo in ginocchio in un periodo così importante dell’anno ed è frutto del serrato lavoro di questi giorni di concerto con gli altri ministeri…”. Dichiarazioni che vengono percepite come allarmanti dai produttori. “…Non è che in questo modo il Governo si lava le mani non dandoci aiuti economici…”? Se così fosse, questo sarebbe il de profundis per un comparto che, con una superficie coltivata, su scala nazionale, di 29 mila ettari, produce un giro d’affari di 2,5 miliardi l’anno.