Dietro ogni rogo di tonnellate di rifiuti si nasconde l’ombra della criminalità organizzata calabrese che in provincia di Pavia ha preso piede in maniera preoccupante. Come nel casertano la nuova Terra dei Fuochi è la Lombardia. Ed in particolare il sud della regione rappresenta un luogo ideale per stoccare e bruciare milioni di tonnellate di scarti provenienti da tutta Italia e dall’estero.
Mortara – Il primo atto della vicenda rifiuti bruciati alla Eredi Bertè di Mortara si è concluso con l’arresto dell’amministratore unico della ditta Vincenzo Bertè di 54 anni, di Andrea Carlo Biani, 53 anni, amministratore unico della Eredi Bertè Ecology, entrambi tradotti in carcere, e di Vincenzo Ascrizzi, 36 anni, amministratore di fatto della Mwr Srl di Pavia, trasferito ai domiciliari.
Le accuse per il terzetto di imprenditori riguardano l’attività di abusiva e illecita gestione dei rifiuti per conseguire illecito profitto e dovranno rispondere di traffico illecito di rifiuti, incendio doloso, utilizzo ed emissione di fatture false, bancarotta, riciclaggio ed autoriciclaggio. I provvedimenti di custodia cautelare emessi dal Gip di Milano, Guido Salvini, sono stati eseguiti dalla guardia di Finanza e dai carabinieri Forestali del capoluogo pavese.
Le indagini avrebbero accertato che le oltre 17mila tonnellate di rifiuti venivano soltanto ammassate nella sede di via Enrico Fermi 48 e non sottoposte ad alcun trattamento preventivo o di recupero. Tale attività di stoccaggio e poi di illegale smaltimento sarebbe stata eseguita dalla Eredi Berté Ecology che non aveva alcuna autorizzazione al trattamento che, invece, sarebbe stata rilasciata dall’ente Provincia alla Eredi Berté Antonino. Un escamotage che sarebeb servito per non pagare l’ecotassa regionale risparmiando qualcosa come un milione e 850mila euro.
Parte integrante dell’inchiesta sono state le dichiarazioni della ex-moglie di Vincenzo Berté, Sabrina Zambelli, che all’interno dell’azienda si era occupata dell’amministrazione prima di abbandonare l’ufficio nonostante si fosse mantenuta a disposizione dell’ex consorte. La donna avrebbe riferito che i rifiuti stoccati in sede erano di molto superiori ai limiti di legge e che, in caso di controllo dell’Arpa, la ditta sarebbe senz’altro stata sequestrata.
La Zambelli avrebbe confessato che ad appiccare il fuoco ai rifiuti, il 6 settembre del 2017, sarebbe stato proprio Vincenzo Bertè tramite un accendino Bic usa e getta fingendo poi un malore con l’arrivo dei vigili del Fuoco e delle ambulanze. Poi c’è l’aspetto mafioso che su queste colonne abbiamo anticipato quando si è trattato di incendi dolosi che riguardano rifiuti speciali, tossici e nocivi.
La stessa Zambelli avrebbe riferito di essere stata minacciata, nel maggio del 2019, da un malavitoso che si trovava in compagnia di Vincenzo Ascrizzi, uomo di fiducia di Bertè:”…Stai zitta altrimenti ti faccio fuori...”, le avrebbe detto il delinquente senza mezzi termini. L’uomo, già identificato, era stato coinvolto nell’operazione di polizia “Infinito” come sodale di una ‘ndrina locale molto attiva nella provincia di Milano e nel pavese.
Durante alcune intercettazioni effettuate dalla Distrettuale antimafia di Milano erano emerse altre responsabilità per i tre arrestati che avrebbero tentato di trasportare e smaltire in Bulgaria decine di tonnellate di rifiuti stoccati in un impianto della provincia di Cosenza. L’affare però era saltato perché due container erano stati controllati e fermati nel porto di Genova.
Adesso si dovrà affrontare il problema della bonifica dell’area a vantaggio della popolazione locale che ha dovuto subire danni alla salute causati anche da altri incendi. La ‘ndrangheta in provincia di Pavia s’ingrassa sempre di più e la capacità di penetrazione nel tessuto imprenditoriale e sociale è ormai a livelli da allarme rosso.