Non è un tour turistico, piuttosto una ricognizione di fatti di sangue che mettono in evidenza similitudini inquietanti quando i protagonisti sono i potenti del luogo, i loro palafrenieri e gli amici killer spietati.
La sagra di Garlasco continua senza soste e senza esclusione di colpi. La morte di Chiara Poggi avrà mai un colpevole vero? Forse. Magistrati, avvocati, criminologi, indagati, testimoni, pregiudicati, giornalisti, egregi sconosciuti e lacchè hanno detto la loro davanti a milioni di telespettatori attoniti e sconcertati durante i soliti talk-show che parlano di nera. Oppure innanzi a milioni di utenti del web a caccia di emozioni e dell’ultima balla venduta come verità assoluta per qualche migliaio di like. Insomma una farsa vera e propria in cui ognuno mette la bocca, prevalentemente a sproposito. Sul delitto della giovane studentessa pavese se ne sono dette di tutti colori, soprattutto sullo scenario in cui sarebbe maturato l’omicidio. Si è parlato di delitto passionale, di satanismo, di soldi, servizi segreti, mafia, sesso fra etero ed omosessuali nella canonica di un santuario, balletti rosa e quant’altro in un crescendo rossiniano che sta davvero mettendo a dura prova lo stomaco degli italiani.

E quando si parla troppo di una cosa, è probabile che se ne nasconda un’altra. Almeno cosi è accaduto svariate volte. Nella cronaca come nella politica. Certo è che quanto accaduto nel paese lomellino non fa onore alla giustizia e getta ulteriori ombre anche sulle vittime che meriterebbero invece che i veri colpevoli venissero giudicati e condannati, una volta per tutte. Una peculiarità che unisce la morte di Chiara Poggi, David Rossi, Luca Orioli e Marirosa Andreotta riguarda il luogo. Si tratta di comunità non molto grandi, dove tutti si conoscono e dove tutti sanno di tutti. Nel bene e nel male. Luoghi dove l’avvocato è stato compagno di scuola del magistrato, del prefetto, del medico, dell’imprenditore, del politico e anche di quel nullafacente diventato poi un boss della mala locale. Sono persone che si frequentano, che si sono frequentate, che si sono perse di vista e poi rincontrate in occasioni diverse. E’ la vita, nulla di cosi strano.
Certe amicizie, da scuola o da bar dello sport, si perdono con il tempo, altre si solidificano sino a diventare inossidabili col passare degli anni. E gli amici veri, si sa, specie se compagni di allegre brigate, vanno difesi a spada tratta. Vanno difesi sino all’ultimo, anche oltre la legge. Cosi come i loro segreti, soprattutto quelli più intimi. E anche quello scapestrato dell’ultimo banco può rifarsi vivo e chiedere qualche cortesia che non si diniega, proprio in virtù di quella vecchia amicizia coltivata sui banchi di scuola o altrove. Specie quando quella testa calda, ma questo vale anche per le persone solo apparentemente perbene, è depositaria di mille misteri inconfessabili. Quando questo accade, poveri noi. Povere vittime. Poveri genitori, poveri parenti.

Garlasco, Siena e Policoro si collocano perfettamente in questo contesto sociale particolarmente pericoloso. Chi sapeva di certe cose e magari minacciava di spifferarle doveva morire. E quelle morti, ovviamente, non potevano essere attribuite ai veri mandanti e sicari, piuttosto ad altri, oppure farle apparire come incidenti. Chiara Poggi uccisa da Stasi? Macchè, stante la nuova inchiesta della Procura pavese o, meglio, dell’attuale procuratore di Pavia e dei suoi fidati collaboratori. Per Rossi e i due cosidetti “Fidanzatini di Policoro” (che fidanzati non erano più da tempo), si è preferita la fantasia. Per il capo della Comunicazione del MPS un impossibile suicidio, per i due giovani di Policoro un altrettanto inverosimile “sinistro” nel bagno provocato da uno scaldacqua in ottime condizioni tecniche. E la storiaccia si ripete.
Dopo la pianificazione delle fasi iniziali dei delitti (per i quali più persone hanno decretato la morte delle rispettive vittime pur di coprire i fattacci di cui si sono macchiati e che debbono rimanere occulti per gravi problemi di reputazione e potere) si passa al secondo step: l’inquinamento della scena del crimine. In questa seconda fase occorrono diversi interventi di altrettanti fiancheggiatori: inquirenti collusi, forze dell’ordine al soldo del potente di turno, spesso il concorso della criminalità e di altri gregari che assumono la veste di testimoni oculari, periti, consulenti e cosi via. La zona dove si è svolta l’esecuzione diventa una sorta di proscenio dove gli indizi reali scompaiono in favore di prove incredibili spacciate per autentiche come i reperti che magari si perdono, che poi si ritrovano, oppure che prendono il volo definitivamente. Poi per carità, non manca nulla: perizie false, relazioni necroscopiche fantasiose, testi corrotti, relazioni e provvedimenti giudiziari che definire copioni di un film comico è quasi un eufemismo. Ma non basta.

Occorre poi depistare in qualsiasi maniera cosi che la verità si allontani quanto più possibile dalle aule di giustizia. I ficcanaso non sono ammessi e quando questi sono giornalisti onesti spesso si ricorre alla querela temeraria per intimidire chi crede, ancora, nella possibilità di identificare i veri responsabili del delitto. Poi c’è il rigetto regolare di ogni sitanza per la riapertura dell’inchiesta e cosi via, sino all’oblio. In qualche caso però gli equilibri si modificano, si spezzano drammaticamente. Le persone cambiano, qualcuno passa a miglior vita e quello che ritenevamo un amico si trasforma nel peggiore dei nemici. Oppure c’è chi è stanco di fare il complice a vita e, venuta meno la paura, decide di vuotare il sacco ma quest’ultima situazione è piuttosto rara nel tristissimo quadro appena descritto. Piuttosto nessuno fa niente per niente.
E non mancano coloro i quali intendono fare piazza pulita all’interno di ambiti, spesso istituzionali, diventati vere e proprie fogne da nettare a fondo. Quando questo avviene il caso torna sotto i riflettori e tolti quelli che fanno passerella, e sono moltissimi, gli altri lavorano sodo, in silenzio, riuscendo a raggiungere il difficilissimo obiettivo. Oppure avvicinandosi moltissimo, il che è già un traguardo spesso preludio di una successiva risoluzione del caso. Tutto questo se chi indaga seriamente non viene dispensato dall’incarico, dunque promosso e trasferito.
Incontri a luci rosse, alcove ben rifornite di alcol e droga. Nomi conosciuti e stimati che potrebbero sputtanarsi nel breve volgere di qualche giorno. Lo abbiamo detto: potenti che non intendono mettersi alla berlina e che hanno preferito ammazzare pur di perdere la faccia. Da Garlasco a Policoro, passando da Siena…