Grandi manovre in corso sui candidati laici al Consiglio superiore della magistratura. Meloni cerca agganci con il Terzo Polo per ammansire gli alleati. Il Pd reclama la vicepresidenza.
Roma – Le grandi manovre per rinnovare il Csm sono iniziate da tempo, ma adesso diventano sempre più stringenti. Manca poco più di una settimana per l’elezione del Consiglio superiore della magistratura. I candidati dovranno essere presentati o auto indicarsi. L’elezione sarà effettuata dal Parlamento in seduta comune ed è proprio qui che le trattative si infittiscono ed ingarbugliano. Niente di nuovo, certamente, ma la speranza è che si possa giungere ad eleggere personalità che sappiano incarnare quel rinnovamento di cui il parlamentino dei togati ha bisogno dopo i diversi tormenti, che per vicende diverse, hanno in parte delegittimato un consesso che è stato oggetto di diverse inchieste.
Le Camere avrebbero dovuto provvedere in settembre ma le urne anticipate costrinsero a rinviare, così come a dicembre, col pretesto della legge di bilancio, è slittato tutto sine die. In realtà, a quanto pare, mancava un accordo fra i partiti per ripartire i dieci seggi di nomina parlamentare. Anzi l’intesa non c’è tutt’oggi, tanto che se ne discute ai massimi livelli. I requisiti per potere concorrere sono semplici: professori universitari ordinari di materie giuridiche o avvocati con almeno quindici anni di esercizio effettivo. A innovare il quadro arrivano anche le quote rosa, infatti la ripartizione per un genere non può superare il 60%.
I sussurri indicano che sette sarebbero i consiglieri attribuiti alla maggioranza e tre alle opposizioni. Fra i primi, FdI se ne aggiudicherebbe tre, la Lega e Fi due ciascuno. Ai democratici, ai grillini e al Terzo polo di Calenda e Renzi spetterebbe un membro laico ciascuno. Ma proprio qui s’incaglia l’ancora del transatlantico ed inizia la disputa. Il Pd reclama un secondo posto, ossia il vicepresidente. Però si teme che il gruppo del Terzo Polo, onde evitare di far planare la richiesta dei dem, possa accordarsi con la maggioranza per consentire di aggiudicarsi l’intera composizione laica.
Ancora però non è chiaro con quale risultato, in termini di contropartita, finirà la questione. E che non sia solo per depotenziare il ruolo di vicepresidente che il Pd pretende. Queste ultime, attualmente, sembrano solo congetture o se si vuole confidenze che trapelano per seminare sospetti ed intorpidire le acque poco trasparenti, e tali da non fare vedere il fondo dello stagno. Di nomi è ancora presto per anticiparne, ma sarebbe il caso che proprio di questi si parlasse in quanto potrebbero fare la differenza, indipendentemente dalla sponsorizzazione politica e dai numeri che dovrebbero arrivare dai togati.
In ogni caso, le conseguenze, sia politiche che istituzionali, portano tuttavia a dubitare fortemente che il “traccheggio” del Terzo Polo con l’attuale maggioranza possa raggiungersi. Per svariati motivi e tra questi lo “sgarbo istituzionale” nei confronti di Mattarella qualora la maggioranza si prendesse per intero la componente laica. Va in ogni modo ricordato che, quando si svolgono simili elezioni, molti deputati e senatori votano in libertà. Inoltre, va considerato che gli eletti laici, o comunque una loro parte, dovranno accordarsi con diversi togati per ottenere la vicepresidenza.
Ancora, forse, è presto per fare ipotesi ed avere una prospettiva. Ma quel che sembra è che verranno rispettati gli equilibri parlamentari. La vicepresidenza, invece, risulta essere certamente la più intrigante sul piano del bilanciamento dei ruoli.