Lo sforzo encomiabile dei medici sarà ripagato dai nuovi investimenti della sanità pubblica?

COVID – CI CREDEVAMO INVINCIBILI. INVECE ABBIAMO MESSO A NUDO TUTTE LE NOSTRE CRITICITA’.

Una storia comune di cronaca. Il protagonista è stato catapultato in una realtà sconosciuta dove il futuro si prospetta incerto e difficile. E non è ancora finita. Tutto rimane in discussione.

Questa è la storia di uno di noi, banale forse. La storia di uno qualunque, uno dei tanti, che si sveglia all’alba per andare al lavoro e fa i salti mortali per sbarcare il lunario, costretto dal destino, cinico e baro, a lavorare durante la pandemia nota a tutti.

Il nostro involontario eroe lavora nel servizio sanitario regionale dell’Emilia-Romagna, nel suo capoluogo Bologna. E’ orgoglioso di farlo, non tanto per lo stipendio comunque garantito essendo un dipendente pubblico, quanto per il fatto che fa un lavoro utile alla collettività. Ed in questo periodo è diventato il settore per eccellenza. Poi lavora in una regione in cui la sanità ha ancora dei contorni rispettosi del dettato costituzionale e funzionante rispetto ai tanti casi di malasanità di cui è ricca, ahimè, la cronaca degli ultimi anni.

 

Il Covid-19 ha messo a nudo alcune criticità del nostro sistema sanitario. Una su tutte, la mancanza di posti in terapia intensiva.
Il Covid-19 ha messo a nudo alcune criticità del nostro sistema sanitario. Una su tutte, la mancanza di posti in terapia intensiva.

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Superati i primi momenti di spavento e di preoccupazione si è subito rassegnato, anche perché ha messo in atto tutte le linee guida per casi del genere e le raccomandazioni che la dirigenza ha trasmesso con solerzia adeguato al caso. Svolge il compito di operatore sanitario di supporto in un laboratorio analisi e di diagnosi. I suoi comportamenti consueti per recarsi al lavoro, più o meno sono stati:

  • svegliarsi all’alba prima della pandemia e svegliarsi all’alba dopo;

  • rapida igiene personale con altrettanta rapida colazione;

  • indossare mascherina e guanti.

Il paesaggio che si è presentato ai suoi occhi all’inizio gli ha fatto pensare ad atmosfere spettrali da Day after o da Blad runner. In giro non c’era anima viva, solo uno sparuto numero di sfigati come lui, obbligati a presentarsi al lavoro: addetti alle pulizie, personale sanitario e chi opera nei servizi considerati dal Dpcm essenziali. Esercito, polizia e carabinieri in stato d’allerta, tipo invasione degli alieni. Un brivido di paura ha percorso con lentezza la schiena, facendosi un giro panoramico per tutto il corpo. “…Mi tocca e vado a compiere il mio dovere, non ho alternative…” è stata la frase che spesso ha rimuginato nel suo cervello, salendo sul treno che lo portava a destinazione.

Una delle tante piazze italiane deserte a causa dell'emergenza sanitaria.
Una delle tante piazze italiane deserte a causa dell’emergenza sanitaria.

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Allo stupore iniziale ed al timore successivo, è poi subentrata una sorta di soddisfazione nel notare che era la prima volta da quando faceva il pendolare che trovava vagoni semi vuoti e di non aver dovuto sgomitare nel trovare posto a sedere. Dove ce n’erano 4 occupati, ora a malapena ce n’è uno e l’occupante ti guarda pure in cagnesco col timore di contagiarsi. Non è stato piacevole potersi stravaccare come un pascià senza subire fastidi da altre persone? Non è stato gradevole il silenzio al posto di quel fastidioso ronzio di voci mattutine al cellulare, o con la persona di fronte, alle 6 di mattina? Che cavolo avranno da dirsi a quell’ora, poi? Non è dato saperlo. In laboratorio i lavoranti ridotti al minimo indispensabile: pochi ma buoni, si dice in questi casi. Pochi e senza tante rotture, aggiungerei. L’unico problema lo si ha al ritorno a casa: moglie che utilizza lo smartworking (se è stata una delle fortunate e non si trova in cassa integrazione come tanti poveri cristi!); i figli che gironzolano per casa dopo aver svolto le lezioni a distanza. Il maschio che sbuffa perché è in età adolescenziale, ha bisogno di spazio e gli ormoni sono tesi…e in esplosione continua, la ragazzina è in quell’età in cui si sogna l’amore romantico e vorrebbe stare con le amiche a raccontarsi i loro sogni. E’ vero c’è il telefono, le video chiamate, ma non è la stessa cosa. Meno male che la casa è spaziosa, circa 100 mq: non oso pensare la vita in comune quasi h24 in una di 50!

Smart working, sarà il futuro del mondo lavorativo?
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I dati provenienti dallArpa (Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente) delle zone dove più si è diffusa la pandemia: Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna ci informano che l’anidride carbonica e le polveri sottili sono diminuite nel periodo considerato a causa della ridotta capacità di produzione industriale e per la diminuzione di raggruppamenti umani.  A testimoniare che l’overtourisme, l’assembramento demografico e l’ipermobilità imposta come una droga da un sistema bieco e da un violento narcisismo di massa, porta ad una sola ed incontrovertibile conclusione: quanti danni provoca l’azione umana! Ma purtroppo siamo stati sordi e testardi nel non dare ascolto a chi ha fornito le giuste indicazioni che sono state trasformate in cattivi esempi. Mi riferisco alla prossemica, la disciplina fondata, nella prima metà degli anni’60, dall’antropologo Edward Hall, da lui stesso definita: “…Studio dell’uso che gli individui fanno dello spazio sociale e personale…”.

Dr. Edward Thomas Hall (1924 – 2001)
Dr. Edward Thomas Hall (1924 – 2001)

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Secondo lo studioso intorno alle persone è presente uno spazio come una sorta di bolla in cui non tutti possono accedervi. Nel corso dei suoi studi, Hall ha suddiviso lo spazio in 4 distanze interpersonali:

  • distanza intima, da 0 a 45 cm circa. Qui accedono solo chi ha stabilito un rapporto di fiducia, altrimenti si viene percepiti come aggressore. E’ la distanza dei rapporti intimi in una coppia o tra madre/figlio;

  • distanza personale, da 45 a 120 cm circa, in cui si sviluppano relazioni sociali caratterizzati da familiarità. Vi accedono i familiari, amici, colleghi con i quali non si intimità ma si comunica con affabilità;

  • distanza sociale, da 120 a 360 cm circa. Questa zona è riservata a relazioni formali e impersonali;

  • distanza pubblica, da 360 cm in poi. E’ quella ad esempio dell’insegnate che parla agli alunni o dell’oratore in un convegno e simili.

Semplice,no? bastava organizzare il processo di urbanizzazione secondo i dettami della prossemica ed invece se ne sono fregati, e siamo rimasti fottuti. Tutti!

URGE CAMBIARE MODELLO DI SVILUPPO. AL CONTRARIO SIAMO FOTTUTI.

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