Appendere un paio di scarpe sui fili della 220 fa molto trend anche in Italia
Mai avremmo immaginato che appendere le scarpe ai fili dell’alta tensione sarebbe diventata una tendenza. Succede spesso, volgendo in alto lo sguardo per i centri delle nostre città, di imbattersi in scarpe penzolanti dai fili dell’alta tensione, ciondolanti nell’azzurro del cielo, a mo’ di bolas argentine (dall’iberico bola, palla: in realtà sono lacci di cuoio alle cui estremità sono legate delle palle e delle maniglie). Si tratta di scarpe, meglio se sportive, colorate, usate e dotate di lacci abbastanza lunghi, che vengono lanciate in aria in modo da restare appese ai cavi della tensione e/o ai tralicci delle linee telefoniche.
Si chiama shoefiti (dall’unione di shoe, scarpa, e graffiti): deve il nome ad un blogger statunitense, Ed Kohler, che nel 2005 ha dedicato a questa pratica un sito internet, dove sono presenti centinaia di foto, raffiguranti scarpe svolazzanti, scattate in tutte le parti del mondo. In Italia sono apparse per la prima volta a Catania, Caserta e Roma. In seguito a Bologna, Firenze e Pescara.
Lo stupore, la curiosità ed un po’ di mistero per la stranezza della novità hanno contribuito alle più inverosimili interpretazioni di questo fenomeno. Si è passati dal folklore adolescenziale alla vera e propria provocazione, dall’installazione artistica alla bravata di qualche buontempone.
Si è di fronte ad una tendenza giovanile che, grazie al web e ai blog, si sta diffondendo a macchia d’olio. Lo shoefiti, in poco tempo, è diventato il fenomeno di strada più curioso e meno invasivo che ci sia. Infatti non imbratta i muri, evitando di scatenare l’ira funesta dei benpensanti e/o dei cultori del decoro urbanistico. Tuttavia, non può considerarsi un graffito dell’aria.
Pare che, in Sudamerica, questo fenomeno rappresenti un segnale per lo spaccio di droga e un simbolo per delimitare i propri territori. A Los Angeles, invece, un silenzioso omaggio delle baby gang ai componenti caduti in combattimento negli scontri tra bande rivali. In Scozia viene utilizzato dai ragazzi per annunciare il loro primo rapporto sessuale o la fine della scuola. In Nuova Zelanda è diventato uno sport amatoriale, con veri e propri campionati. In Italia, fino ad adesso, ha rappresentato una moda, come lo è stata, per un po’ di tempo, quella dei lucchetti di Ponte Milvio a Roma.
Che sia un messaggio di una promessa d’amore da suggellare, un linguaggio da decriptare o un’espressione tipicamente giovanile e decorativa, poco importa. E’, comunque, un’esternazione di fantasia, briosità e creatività. Forse, in Italia, si vuole comunicare che a qualcuno sono state fatte le scarpe, oppure che si desidera farle a qualcun altro. In fin dei conti, ben venga una moda così: non imbratta, non provoca danni al patrimonio artistico, non fa male a nessuno, è divertente e bislacca. Fino ad ora sarà capitato ad ognuno di noi di alzare lo sguardo al cielo per ammirare i fuochi d’artificio o le stelle nella notte di San Lorenzo. Adesso abbiamo un’altra possibilità per arricchire la nostra curiosità: ammirare le scarpe appese ai fili dell’alta tensione. Ed allora: CHE SHOEFITI SIA, fetore permettendo!