La proposta dell’organismo della Cei mira a distinguere tra aiuti temporanei e sostegni per la disoccupazione, per porre fine al caos nel sistema del Rdc.
Roma – Ormai il RdC sta cambiando pelle e presto ci saranno nuove norme. Nonostante il pollice verso del M5s che cerca, invano, di difendere una norma che invece è tempo di migliorare, distinguendo attentamente i beneficiari. Una normativa quella dell’attuale RdC da sempre considerata provvisoria anche dai grillini, che l’hanno fortemente sostenuta e votata insieme alla Lega, per marcare anche identità e programma politico. In ogni caso si registrano diverse proposte per le fasce più deboli. Anche la Caritas pensa che il Reddito di cittadinanza vada cambiato.
Per questo motivo, l’organismo della Cei ha sottoposto al governo una sua proposta che cerca di mettere ordine nel caos del Reddito di cittadinanza, distinguendo tra aiuti temporanei alle persone in cerca di lavoro e famiglie in reale situazione di povertà. Due condizioni differenti che invece il Rdc ha mescolato, elargendo assegni mensili anche importanti a persone in grado di svolgere un lavoro ma che invece, pagate per non lavorare, hanno preferito non fare nulla o addirittura cumulare il Rdc con il lavoro in nero. La Caritas propone, allora, di sdoppiare le misure in due, l’Assegno Sociale per il lavoro (Al) e il Reddito di protezione (Rep).
Il primo, leggiamo dalla proposta di riforma dell’ente è rivolto alle persone in grave difficoltà economica, senza lavoro da un determinato periodo di tempo (cioè occupabili) e prive di sostegni pubblici per la disoccupazione. La sua finalità è il re-inserimento lavorativo. Si articola in un trasferimento monetario e in attività mirate a trovare un nuovo impiego. La proposta è a tempo limitato e pone ai beneficiari stringenti condizioni affinché si impegnino attivamente nella ricerca di un’occupazione. La durata massima è 18 mesi e non è rinnovabile. Il Reddito di Protezione (Rep) invece è rivolto alle famiglie in povertà.
Si supera quindi “la confusione tra l’obiettivo dell’inserimento lavorativo e quello della tutela di ultima istanza, prevedendo due misure distinte con finalità differenti”. Una linea simile a quella del governo che punta a sdoppiare il reddito in Gal (Garanzia per l’attivazione lavorativa) e Gil (garanzia per l’inclusione) dentro un decreto nel Cdm straordinario del 1° maggio. In entrambi i casi, la Caritas prevede controlli efficaci per evitare truffe e raggiri. Insomma, l’intero ciclo delle verifiche sul possesso dei requisiti deve essere completato prima di autorizzare l’erogazione del beneficio e non dopo che l’assegno è già stato pagato.
Altro punto interessante, sostenuto dalla Caritas è la consapevolezza che, per esempio, 500 euro al sud o al nord hanno un valore diverso; quindi, suggerisce di modulare gli importi a seconda di dove si abita. Non si dimentichi, peraltro, che la Commissione europea ha aperto una procedura di infrazione contro l’Italia, sui requisiti di residenza richiesti per ottenere il Reddito di cittadinanza e accedere al nuovo assegno unico per i figli a carico. Tra le condizioni per accedere al reddito di cittadinanza, infatti, vi è l’obbligo di aver soggiornato nel Paese per almeno 10 anni.
Mentre per avere l’assegno unico per i figli a carico, sono richiesti almeno 2 anni di residenza in Italia. Regole imposte senza tener conto del diritto europeo e dei diritti di libera circolazione di tutti i cittadini e le cittadine dell’Unione. Pertanto, la Commissione Europea ha già rilevato la presenza di una “discriminazione indiretta” contro le persone di cittadinanza europea non italiana e di una “discriminazione diretta” verso le persone beneficiarie di protezione internazionale. Inoltre, il requisito di residenza va a limitare la libertà degli italiani e delle italiane di trasferirsi all’estero per il tempo che più preferiscano, in quanto non avrebbero diritto ai sussidi una volta rientrati in Italia.