Campagna elettorale? Sotto questo sole!..

Ormai è cominciata ufficialmente la torrida sfilata dei candidati fra immaginette e manifesti che sanno di sabbia e ombrelloni. Quali saranno gli assi nella manica dei protagonisti di questo ennesimo carosello?

Roma – Nel centrodestra è stato raggiunto l’accordo che, come nelle precedenti elezioni ed in particolare nel 2018, il partito che prenderà più voti il 25 settembre, avrà la prelazione sul nome del prossimo premier, il quale verrà proposto al presidente della Repubblica. È salva, così, la linea di Giorgia Meloni che incassa l’ok degli alleati riuniti per diverse ore a Montecitorio. D’altronde le regole non si cambiano in corsa, sostiene da mesi la leader romana. L’accordo prevede, anche, che 98 seggi andranno a FdI che però si farà carico di ulteriori 11 riservati a Noi con l’Italia e Coraggio Italia, 70 alla Lega e 42 a FI. In sostanza, i leader del centrodestra hanno raggiunto l’intesa per i 221 collegi uninominali, in base al consenso attribuito ai partiti.

Nessuno, apparentemente, alza le barricate contro la rivale più temuta. Anzi, è lo stesso Matteo Salvini che annuncia l’accordo a riunione ancora in corso: “Decidono gli italiani, chi prende un voto in più indicherà chi governerà l’Italia nei prossimi cinque anni”. Il comunicato che viene diffuso parla di “…unità del centrodestra che è la migliore risposta possibile alle accuse e gli attacchi, spesso volgari, di una sinistra ormai allo sbando, con una coalizione improvvisata, che gli italiani manderanno a casa il prossimo 25 settembre”. Lo spartito è sempre lo stesso, d’altronde la campagna elettorale è già partita.

Alta tensione, invece, nel Movimento 5 Stelle sulle deroghe ai mandati. Per Beppe Grillo il limite è un muro da non abbattere, è “la luce in fondo alle tenebre”, come ha detto nei giorni scorsi, facendo intendere chiaramente di non condividere neanche la manciata di eccezioni al vaglio di Giuseppe Conte, come quelle per il Presidente della Camera Roberto Fico, la vicepresidente del M5s Paola Taverna e l’ex capo politico Vito Crimi. Ma le smentite non si fanno attendere, così Conte dichiara che sono prive di fondamento le voci secondo cui il garante avrebbe detto al leader, nel corso di un colloquio telefonico, di essere pronto a lasciare il movimento se fossero concesse anche solo poche deroghe.

Giuseppe Conte

Tra me e Beppe Grillo – ha chiarito Conte in una nota – non c’è stata alcuna telefonata e quindi nessun aut aut. Smentisco categoricamente tutte le indiscrezioni in merito”. Tanto che vengono definite fake news le notizie sulle condizioni poste da Grillo. In ogni caso il M5s imposta la propria campagna elettorale puntando ad essere “il terzo polo, il campo giusto”. Conte, comunque, al di là delle dichiarazioni di facciata deve risolvere vari rebus interni. Però ha anche spiegato che il limite dei due mandati non è un diktat, assicurando di condividere il principio, aggiungendo che la situazione resta complicata, tanto che in una fase così concitata alcune esperienze gioverebbero molto al movimento.

La riserva, comunque, sarà sciolta a breve. Nel frattempo, Enrico Letta afferma, facendo apparentemente retromarcia, che per Renzi non c’è nessun veto, tranne che con i partiti che hanno fatto naufragare il governo, aprendo così leggermente l’uscio del Nazareno. Insomma, benvenuti tutti coloro che hanno a cuore l’agenda Draghi. Poi il segretario dem attacca Meloni e il centrodestra: “…Berlusconi e Salvini hanno deciso di consegnarsi nelle mani di Giorgia Meloni, così la destra italiana ha scelto di non essere più centrodestra, ma di diventare destra…”.

La coalizione di centrodestra

Nondimeno la credibilità della cosiddetta agenda Draghi depotenzia, di fatto, l’autorevolezza di quei partiti che impostano la propria azione e campagna elettorale sul programma draghiano, nato per gestire l’emergenza. Gli elettori disinteressati consultano, invece, la propria lista della “spesa”.

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