Alla sbarra con il clan Soumahoro anche la sinistra dell’accoglienza pelosa

Soldi per i migranti spesi in viaggi e ristoranti: secondo processo per la moglie del deputato paladino dei diritti. E sulla vicenda si allunga l’ombra dei Casamonica…

LATINA – L’affare delle cooperative nel quale avevano le mani in pasta i familiari dell’onorevole Aboubakar Soumahoro è finito con un secondo processo. Dopo il rinvio a giudizio per il filone sui presunti reati fiscali legati alla gestione delle coop che si occupavano di migranti, il cui processo è iniziato a fine gennaio, il 4 aprile scorso il giudice per l’udienza preliminare di Latina ha disposto un nuovo rinvio a giudizio, stavolta per presunta frode in pubbliche forniture, bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, e autoriciclaggio, per la moglie del parlamentare di sinistra, Liliane Murekatete, 47 anni, per la suocera Marie Therese Mukamitsindo, 70 anni, per Michael Rukundo, 39 anni, fratellastro di Liliane, e Aline Mutesi, cognata di Soumahoro. Stralciata, invece, la posizione giudiziaria del terzo cognato, Richard Mutangana, attualmente irreperibile. L’avvio di questo nuovo processo è stato fissato per l’11 giugno prossimo.

Liliane Murekatete

La moglie e la suocera di Soumahoro erano già agli arresti domiciliari a Latina da fine ottobre scorso mentre Rukundo è stato sottoposto all’obbligo di dimora ad Alessandria. L’accusa, in questo secondo filone, è quella di aver sperperato 2 milioni 170mila euro, destinati dallo Stato all’ospitalità degli immigrati e al pagamento degli stipendi dei dipendenti delle cooperative gestite dai familiari dell’onorevole. Soldi che invece sarebbero stati spesi in viaggi, vacanze, shopping, ristoranti e negozi di lusso mentre gli immigrati vivevano in locali fatiscenti, fra le immondizie, al freddo e nutriti con cibo scadente quando non avariato.

Quando era scoppiato lo scandalo Soumahoro aveva tentato di difendersi parlando di “diritto al lusso” davanti alle foto della moglie agghindata con gioielli e abiti griffati e agli scontrini che provavano le spese pazze della donna. Il deputato si era poi fatto ritrarre in lacrime mentre accusava gli avversari politici di volerlo “morto”. Il partito Alleanza Verdi e Sinistra si è visto costretto ad allontanare Soumahoro il cui futuro parlamentare sembra ormai irrimediabilmente compromesso. Va da sé che anche i suoi ex colleghi, primo fra tutti Nicola Fratoianni, hanno preso le distanze da un uomo legato ad una famiglia ormai divenuta ingombrante. Nonostante valga anche per Soumahoro e congiunti la presunzione d’innocenza sino a condanna definitiva:

Aboubakar Soumahoro

“ Quando lo incontro lo saluto ma non c’è un rapporto tra di noi – ha detto il capogruppo Fratoianni su Radio 1 – Se l’ho vissuto come un tradimento? C’è un sentimento di dispiacere sincero, specie perché questa vicenda ha prodotto l’effetto opposto rispetto a quello desiderato”.

E pensare che prima dello scandalo il buon Aboubakar aveva fatto parte della “Commissione d’inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro pubblici e privati”, come dire oltre il danno anche la beffa. In buona sostanza quello che si è aperto con ben due processi non è altro che uno dei capitoli più nebulosi della sinistra italiana e di un certa rappresentanza di personaggi stranieri che si sono fatti strada in politica cavalcando l’onda della lotta al caporalato e dello sfruttamento dei migranti.

Dipendenti senza stipendio mentre Lady Gucci si dava al lusso sfrenato

La moglie di Soumahoro, già sindacalista con le scarpe sporche di fango, avrebbe trasformato la cooperativa Karibu e il consorzio Aid in macchine mangiasoldi e nessuno fra quelli che avrebbero dovuto si sono sognati di vigilare, sino allo scoppio della pentola a pressione. E speriamo che gli altarini scoperchiati da “Striscia la Notizia” si risolvano con un nulla di fatto perché se fosse vero che in una villa di Aprilia, in provincia di Latina, utilizzata per l’accoglienza dei migranti, sarebbero stati custoditi numerosi mobili di proprietà del clan dei Casamonica, la cosa prenderebbe davvero d’aceto. Pare infatti che una testimone abbia puntato il dito su Liliane Murekatete :

Richard Mutangana, irreperibile

” Il proprietario della villa aveva dato la struttura in affitto ad un noto avvocato della zona, che a sua volta l’aveva subaffittata alla Karibu. In un’occasione l’avvocato mi disse di fare attenzione perché lì c’erano i mobili dei Casamonica. Io li ho visti. Lo stile era quello, colonne con sopra dei leoni. Cose così”. Lo scandalo potrebbe allagarsi a macchia d’olio.

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