Dati personali in rete: la nuova moneta del web che arricchisce pochi e minaccia tutti

Ogni giorno regaliamo informazioni a siti, aziende e hacker. Tra cookie, profilazioni e data broker, la privacy è ormai un’illusione.

I dati personali che circolano sul web ingolosiscono aziende e malintenzionati. Forse è il prezzo che bisogna pagare alla Dea dei tempi attuali: Lei, la Tecnologia, unica Signora, Dominatrice e Imperatrice Assoluta. Venerata dal colto e dall’inclita senza distinzioni di censo e di titoli di studio. Si pende dalle sue labbra, tanto che ogni minuzioso spazio della vita quotidiana è pervaso dalla sua presenza. Nemmeno al cesso si riesce a farne a meno.

Ovunque, comunque, in ogni spazio, tutti i santi giorni che gli dei hanno deciso di mandare sulla terra, si usano dispositivi di ogni tipo, si naviga per i mari tempestosi del web, si accettano cookie senza badarci troppo, tanto cosa saranno mai! Ed invece sono dei perfidi file che spillano informazioni che i siti web memorizzano sul computer dell’utente che lieto, giocondo e spensierato sguazza a piacimento su Internet.

I cookies possono essere utilizzati per scopi legittimi, come ricordare le credenziali di accesso, oppure con intenti più subdoli, come la profilazione degli utenti per la pubblicità mirata o per scopi illeciti. 

Questi file sono utilizzati per diverse finalità tra cui: autenticazione, gestione delle sessioni, personalizzazione dell’esperienza utente e tracciamento delle preferenze. Possono essere utilizzati per scopi legittimi, come ricordare le credenziali di accesso o la lingua preferita, oppure con intenti più subdoli, come la profilazione degli utenti per la pubblicità mirata o per scopi illeciti. 

In maniera inconsapevole una marea di dati, notizie, informazioni personali vengono captate e catturate dalla rete, pronti ad essere usati a scopo di marketing quando va bene, a parte il fastidio di essere stalkerizzato da offerte commerciali di ogni tipo. Oppure nelle grinfie dell’orco cattivo che si manifesta sotto le sembianze del lestofante o frodatore di turno.

E’ una condanna a vita, perché di Internet non se ne può fare a meno, a meno che non si decida di vivere da eremita, lontano da tutti e da tutto. Basta digitare poche richieste su Google, il più famoso motore di ricerca, trasformatosi nel nuovo pronto soccorso del sapere ed ecco che dalla scatola magica emergono dettagli sorprendenti, indirizzi, storie, relazioni. Il dramma è che si può essere cauti quanto si vuole, ma molte informazioni dilagano in maniera furtiva. Ad esempio se si compila un modulo, si effettua un acquisto o si crea un account. Ogni movimento sul web lascia tracce che, spesso, vengono accumulate e accantonate per essere usati alla prima occasione buona.

Se non si sta attenti, navigando online si cedono dati sensibili che possono essere utilizzati anche da malintenzionati. Il rischio di essere spiati è altissimo.

Questi dati costituiscono un vero tesoro e vengono amministrati da vere aziende definite “data broker”. Ossia entità che raccolgono, analizzano e vendono dati personali o relativi a persone, spesso da fonti pubbliche o private. Informazioni che possono riguardare nomi, indirizzi, età, interessi e abitudini di acquisto e, quindi profilazione dei consumatori. Si riesce a sapere vita, morte e miracoli del navigatore solitario che viene spiato e sezionato fino all’ultimo pelo superfluo. Si conoscono nomi, indirizzi, numeri di telefono, email, età e sesso, consuetudini di acquisto, interessi, hobbies, dati finanziari e quant’altro.

E’ vero che in teoria i dati personali possono essere rimossi, ma per farlo il procedimento è lungo e complesso e ci vogliono soldi e pazienza. Per questo motivo molti desistono, anche perché i dati rimossi da una parte possono comparire dall’altra. I broker, infatti, si scambiano informazioni con i colleghi di altre aziende e quindi il problema si ripresenta. E’ vero che esiste in Europa il Regolamento Generale sulla Protezione dei dati (GDPR) che permette il diritto all’oblio e la cancellazione dei propri dati. Ma tutto è complicato e farraginoso, per cui non cambia niente. Sentirsi spiati, osservati, categorizzati non è proprio il massimo della vita. E c’è chi dice che si vive in una società libera!   

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Email
Stampa