Costi miliardari, rischio sismico, violazioni ambientali: il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina torna a far discutere. Greenpeace, Wwf, Legambiente e Lipu si rivolgono a Bruxelles.
Quel ponte sullo stretto non s’ha da fare! Parafrasando la famosa frase “quel matrimonio non s’ha da fare”, una citazione dei “Promessi sposi” di Alessandro Manzoni, pronunciata da uno dei bravi di Don Rodrigo verso Don Abbondio, in merito al futuro matrimonio di Renzo e Lucia, che appunto non deve essere celebrato, così alcune associazioni ambientalista hanno lanciato il loro grido d’allarme contro il progetto ponte sullo Stretto di Messina.
Greenpeace Italia, Legambiente, Lipu e Wwf Italia hanno presentato alla Commissione Europea un doppio reclamo che mira al cuore normativo del progetto del ponte sullo stretto di Messina. L’Italia è sul banco degli imputati per non aver rispettato le regole comunitarie in materia ecologica. Il ponte sullo stretto è un progetto per la costruzione di un ponte stradale e ferroviario tra Messina e Villa San Giovanni, atto a collegare in modo stabile la Sicilia al continente.

Questa zona, caratterizzata da una particolare fragilità geologica, è stata dichiarata non edificabile dall’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) nel 2015, durante uno studio approfondito sulle faglie attive in Italia. Impiantare, a oltre decine di metri di profondità, due piloni alti quasi 400 metri e blocchi di ancoraggio enormi (per un totale di circa 500.000 metri cubi di cemento) può provocare dissesti idrogeologici e comunque non sembra essere un beneficio per il territorio.
Per i fautori dell’opera i benefici sarebbero: riduzione di emissioni di CO2, rumore, inquinamento locale. Inoltre, miglioramenti operativi: risparmio di tempo e minori costi. Le associazioni ambientaliste hanno contestato tre punti: l’assegnazione dell’opera senza gara d’appalto, la violazione delle direttive ambientali europee e l’assenza della Valutazione Ambientale Strategica (VAS). L’area in cui dovrebbe sorgere il ponte sullo Stretto viene considerata come “fortemente esposta a rischio sismico e a possibili frane sottomarine”, oltre che a tsunami che potrebbero nascere da “Terremoti, eruzioni e frane”.

Infine, a norma di legge, il Ponte sullo Stretto non s’ha da fare perché sul versante calabrese la struttura ricade per intero su una fascia di inedificabilità. Intanto i lavori sono appena iniziati e il conto è estremamente esoso, secondo le stime degli esperti più di 14 miliardi di euro. Come è in preventivo il deterioramento degli equilibri naturali, in quanto i lavori rasentano aree inserite nella classifica Natura 2000. Com’è noto, si tratta di una rete di siti di interesse comunitario (SIC) e di zone di protezione speciale (ZPS) creata dall’Unione Europea (UE) per la protezione e la conservazione degli habitat e delle specie, animali e vegetali. Inoltre, si va ad invadere una delle principali autostrade celesti del continente, attraversata ogni anno da milioni di uccelli in rotta tra Europa, Asia e Africa. La società Stretto di Messina Spa, a stretto giro di posta, ha fatto sapere che il ponte è considerato strategico da Roma e dall’UE e che sulla sismicità, dopo attente verifiche, ci sono stati gli appropriati adeguamenti, così come per l’equilibrio della biodiversità.
Così come il bilancio che non è affatto in rosso. Ora si aspetta che sua… Maestà CIPESS (Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile) un organismo statale italiano che definisce le linee di sviluppo politico-economico del Paese, dia il via libera e il progetto potrà essere esecutivo. Conoscendo la storia italiana, ogni volta che si è parlato di opera strategica e importante per le sorti dello sviluppo socio-economico del Paese, puntualmente si sono “ingrassate” le varie consorterie politico-affaristiche, sempre a svantaggio della collettività. Tanto paga sempre Pantalone. Massima allerta, quindi!