Lo scandalo che ha coinvolto il Santo Padre e i beni del Vaticano ruota intorno ad alcuni personaggi-chiave su cui la Procura di Roma sta indagando. A breve altri risvolti eclatanti.
CdV – Chi sono le gole profonde che stanno trascinando l’ormai ex cardinale Angelo Becciu e la Segreteria di Stato Vaticana nell’abisso? Le rivelazioni sulla gestione allegra dei fondi, destinati ad opere caritatevoli, giungono dal suo staff: il primo “pentito” sarebbe stato monsignor Alberto Perlasca – compatito cristianamente da Becciu – che, indagato dalla Procura di Roma, riferirebbe negli interrogatori di aver sollecitato la denuncia di operazioni piuttosto opache.
Si tratta dell’acquisto di un palazzo a Londra ad un prezzo spropositato e il famoso investimento da 454 milioni di euro, il denaro delle donazioni trasformato in fondi azionari, di cui almeno 18 sarebbero stati polverizzati a causa delle fluttuazioni borsistiche. Da fonti vicine agli inquirenti trapela che Perlasca non sarebbe l’unico a collaborare. Ma chi sono davvero gli uomini di monsignore?
Monsignore Alberto Perlasca: anche se adesso spergiura che avrebbe voluto denunciare tutto e tutti, viene considerato dai magistrati inquirenti lo sponsor del fondo Athena Capital Global Opportunities Fund, gestito da Raffaele Mincione. Oltre 400 milioni di euro degli “oboli” cattolici, gettati tra gli squali della speculazione finanziaria. Comasco, 60 anni, laureato in Giurisprudenza, Perlasca è stato cappellano di Sua Santità, ritenuto una figura centrale della vicenda in quanto per sei anni ha avuto le chiavi della cassaforte della Segreteria di Stato vaticana, struttura che gestisce, con ampia discrezionalità, il denaro delle elargizioni alla Chiesa.
Nel Luglio 2019 Papa Francesco lo nomina promotore di Giustizia sostituto (magistrato) presso il Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, tribunale di diritto canonico della Santa Sede. Una promozione forse per allontanarlo dalla Segreteria fino a quando nel Febbraio del 2020 sono i ”colleghi” Gian Piero Milano, Promotore di Giustizia e l’Aggiunto Alessandro Diddi, a far eseguire il sequestro di documenti e computer presso l’ufficio e l’abitazione del prelato. Sospeso da ogni incarico.
Dottor Fabrizio Tirabassi: responsabile amministrativo della Segreteria, commercialista, è colui che di fatto gestiva l’agenda dei vari protagonisti della vicenda. Si è occupato di trovare un mediatore per far uscire il Vaticano dal fondo Athena. Attualmente sospeso da ogni incarico.
Dottor Tommaso Di Ruzza: nato nel 1975 ad Aquino, un paesino di cinquemila abitanti in Ciociaria, paradossalmente è stato il direttore dell’Aif, l’organismo antiriciclaggio del Vaticano, fino al momento delle indagini. Ha un curriculum di studi giuridici tra Siena, Roma e Oxford ed entra in Vaticano come semplice consulente nel 2005. Non vanta particolari meriti accademici o professionali, tranne quello di essere il genero dell’ex Governatore di Bankitalia Antonio Fazio. Licenziato dal Papa il 1 Maggio 2020 festa dei lavoratori.
Don Mauro Carlino: un enfant prodige della carriera ecclesiastica. Nel 2019, a soli 43 anni, l’allora semplice sacerdote salentino diventa capo dell’Ufficio Informazione e Documentazione (Uid), una struttura interna al servizio della Segreteria di Stato vaticana, nella quale don Mauro si è già ben piantato da tempo. E’ stato segretario di Angelo Becciu. Per lui sembra aprirsi un radioso futuro nell’efficiente macchina dell’informazione vaticana. Viene definito “un ecclesiastico conosciuto, talentuoso e esperto” dal giornalista cileno Luis Badilla Morales, per diversi anni collaboratore di Radio Vaticana ma soprattutto con un passato da ministro nel governo Allende, esule in Europa dal 1973 per sfuggire a Pinochet.
Don Carlino sembra essere l’altra gola profonda della Procura. Ha già ammesso il suo ruolo nella vicenda del palazzo di Sloane Avenue a Londra, come intermediario tra la Segreteria e il broker Gianluigi Torzi. Anzi secondo il sacerdote avrebbe il merito di aver ottenuto uno sconto di ben 5 milioni, sui 20 che Torzi pretendeva, per cedere le azioni di maggioranza della società costituita ad hoc per l’operazione. Abile (a quanto pare non abbastanza) nel mantenere un basso profilo, dopo il licenziamento papale, è tornato a dire messa nella sua Lecce. Almeno cosi sembra.
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