Clima, ora c’è il PNACC. Ma in Italia occorre agire in fretta

L’emergenza dettata dai cambiamenti climatici spinge i Governi a una riflessione sul da farsi. Quello italiano, dopo le promesse elettorali, deve fronteggiare un’enorme minaccia.

Roma – La recente tragedia di Ischia del 26 novembre scorso, con la frana che ha colpito Casamicciola Terme, provocando morti e distruzione, è riemersa con tutta la sua brutalità la perenne criticità geologica del territorio italiano, soprattutto nella prevenzione. Gli esperti hanno ribadito che questi eventi potrebbero accentuarsi col riscaldamento globale.

L’Italia, come al solito, è in forte ritardo, in quanto ancora sprovvista di un piano strategico che possa quantomeno attutire gli effetti devastanti dei disastri naturali. Eppure dal 2016 esiste il PNACC (Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici), lasciato ammuffire nei cassetti. Si tratta, tuttavia, solo di una bozza aggiornata nel 2018. Necessiterebbe dell’approvazione del Governo, mai avvenuta nel corso degli anni. Il Piano nacque dopo il varo della Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (SNAC), che delineava l’insieme di azioni e priorità volte a ridurre l’impatto dei cambiamenti climatici sull’ambiente, sui settori socio-economici e sui sistemi naturali del nostro Paese.

La frana che ha devastato il paese di Casamicciola Terme.

Rispetto a questo il Piano avrebbe dovuto assumere finalità più operative. I ritardi ci sono stati anche per meri fatti amministrativi. Sono state coinvolte la comunità scientifica e le amministrazioni locali di diverso grado. La conferenza delle regioni decise di procedere a una Valutazione Ambientale Strategica (VAS) per le definitiva approvazione. Intanto il tempo è passato e ci sono stati cambiamenti. Il Piano nacque anche come effetto del rapporto IPCC, il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, nato per studiare il riscaldamento globale, che ha presentato l’ultimo rapporto l’anno scorso. In alcune parti, quindi, potrebbe risultare inadeguato.

Ma per quelle riguardanti il coordinamento e la condivisione delle cosiddette “buone pratiche” tra i diversi livelli amministrativi potrebbe avere ancora un senso. Innanzitutto, il PNACC deve essere considerato più un documento che fornisca linee guida metodologiche per affrontare le calamità naturali, che un vincolo burocratico. In rapporto con l’Europa, si palesa, per l’ennesima volta, il forte ritardo nell’approvazione del Piano. Paesi come Germania, Francia, Portogallo, Spagna, Austria, Olanda e Croazia lo hanno già in dotazione. Addirittura, in alcuni casi, i PNACC sono aggiornati agli ultimi report internazionali e della comunità scientifica.

Un uomo cammina nella strada allagata dopo il passaggio del ciclone Yaas in India.

Si comprende, quindi, come sia prioritario e urgente poter essere in possesso di questo strumento. Anche perché, come ci ha indicato il Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici in un rapporto del 2020, la probabilità che possano manifestarsi eventi rischiosi legati al cambiamento climatico è cresciuta del 9% rispetto a 20 anni fa. Le note dolenti non sono finite: infatti, questo pericolo potrebbe colpire il 90% dei Comuni della Penisola. Sono dati terrificanti, secondo i quali questi eventi e percentuali non possano che provocare la distruzione totale del Paese.

Quindi, bisogna fare presto e senza tentennamenti. Indubbiamente, una bella gatta da pelare per il Governo Meloni. D’altronde, ha voluto la bicicletta? Che adesso pedali! Non bisogna dimenticare che l’aveva promesso in campagna elettorale, addirittura di farlo entro il 2022. L’anno è appena trascorso e, speriamo, che quest’anno sia quello buono. Altrimenti, si allungherà la lista dei governi che hanno disatteso le proprie intenzioni. A conferma di un antico adagio popolare, in cui un prete così recita: “Fa’ quel che dico, ma non ciò che faccio“!                                            

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