Una relazione malata, sempre più spesso, diventa la causa scatenante della tragedia. Poi possesso e gelosia innescano una bomba che è impossibile disinnescare. Ed anche stavolta c’è scappato il morto, anzi due: lui non voleva mollarla e lei non ne poteva più di quell’uomo che la tormentava sino a renderle impossibile l’esistenza.
Genova – Il primo femminicidio del 2023 si è consumato nel capoluogo ligure secondo un copione ormai drammaticamente frequente a cui è seguito un suicidio. Lui non intendeva chiudere la relazione, lei non ne poteva più di quell’uomo che aveva deciso di lasciare. A rimetterci la vita due persone.
Si chiamava Giulia Donato la ragazza di 23 anni morta ammazzata da un colpo di pistola sparato nel sonno dal fidanzato Andrea Corvaia, 32 anni, guardia giurata presso l’istituto di vigilanza Lubrani, che si è tolto la vita con la stessa arma pochi istanti dopo. La tragedia è avvenuta in un appartamento di via Paolo Anfossi 22, interno 9, a Pontedecimo, dove risiedeva la ragazza, lo scorso 4 gennaio.
I due si erano conosciuti agli inizi del 2021 ma solo dalla primavera scorsa avevano deciso di stare insieme e dividere i propri destini. L’uomo si sarebbe dimostrato da subito esageratamente geloso e possessivo e questo comportamento pare piacesse sempre meno a Giulia che aveva avuto una precedente unione sentimentale da cui era nata una bambina, Azzurra, poi morta un mese dopo il parto.
La coppia aveva iniziato a litigare, e anche frequentemente a detta dei vicini di casa, ma Andrea non voleva saperne di mitigare il proprio modo di fare che l’aveva portato a curarsi una grave forma di depressione. Il vigilante aveva convinto Giulia a lavorare per la sua stessa azienda forse con l’intento di controllare ogni movimento della donna a cui avrebbe vietato di frequentare gran parte delle sue amicizie.
Con il passare dei mesi Giulia era diventata sempre più insofferente alla morbosa quanto ossessiva gelosia del fidanzato che ben presto le sarebbe diventata insopportabile. I due si erano visti ancora una volta nella tarda mattinata del 4 gennaio scorso. Lui, che ormai abitava da solo in via Ventotene, nel quartiere Legaccio, una volta finito il turno di lavoro avrebbe deciso di incontrare Giulia, rimasta in casa a riposare per via di una sindrome influenzale che l’avrebbe colpita qualche giorno prima.
Dopo un ennesimo, violento litigio la ragazza era tornata in camera da letto e si sarebbe messa sotto le coperte nel tentativo di riprendere sonno. Andrea, a questo punto, avrebbe deciso di farla finita sparando a bruciapelo un colpo di semiautomatica in testa alla sua ex fidanzata, per poi rivolgersi la canna della pistola in bocca e tirare il grilletto.
Dalla ricostruzione degli uomini della Squadra Mobile di Genova, diretti da Stefano Signoretti e dal vicario Ivan Currà, coordinati dal Pm Antonio Rombolà della Procura di Genova, l’omicidio-suicidio si sarebbe consumato nel giro di qualche minuto e, come confermerà più tardi l’autopsia, sarebbero stati sparati soltanto due colpi di pistola, entrambi mortali e che avrebbero generato un decesso istantaneo alle vittime.
A scoprire i due cadaveri la sorella di Giulia preoccupata per il silenzio della giovane e per la grave situazione che la coppia stava attraversando. Sul posto sono arrivati i soccorritori del 118 che non potevano fare altro che constatare la morte delle due vittime in attesa delle successive incombenze svolte dai poliziotti della Mobile che effettuavano i rilievi di rito. Giulia Donato giaceva nel suo letto in un lago di sangue mentre Andrea Corvaia era riverso sul pavimento, in un’altra stanza, con in mano l’arma del duplice delitto.
Le indagini comunque proseguono per stabilire se la guardia particolare giurata, in cura da uno specialista, potesse o meno detenere e utilizzare l’arma per servizio. Prima di fare il vigilante l’uomo lavorava in un supermercato ma pare che del suo disagio psicologico nessuno sapesse nulla, compresi i suoi attuali datori di lavoro:
”Avrebbe dovuto comunicarcelo, noi non sapevamo nulla – dice Giorgio Baiardi, presidente della cooperativa Lubrani – lo apprendiamo ora da voi giornalisti…Dalle visite annuali effettuate dal nostro medico del lavoro non era emerso nulla di tutto ciò. Va tenuto presente che, nel nostro lavoro, se si denunciano certe cose l’azienda deve fermare il lavoratore fino a nuove indagini”.