La pandemia ha cambiato le abitudini degli italiani e non solo. L’agenzia Adecco ha condotto uno studio da cui è emerso il problema dei lavoratori frustrati dal pressing lavorativo.
Roma – Un lavoro più appagante. È possibile desiderare un lavoro rivolto più al benessere che ad un impiego in un mondo che viaggia a velocità supersonica? Sembrerebbe proprio di sì, almeno se si tiene conto di uno studio condotto da Adecco, agenzia di selezione del personale, nonché di somministrazione del lavoro. La pandemia, oltre a tutti i problemi che ha prodotto, di cui stiamo ancora leccandoci le ferite, pare abbia provocato anche un mutamento nella scala dei valori. Ad esempio, il lavoro, fulcro della nostra società a capitalismo avanzato, viene percepito in maniera diversa dai dipendenti e dalle aziende.
Lo studio di Adecco, dall’eloquente titolo: “Disconnect to Reconnect” (Disconnettersi per riconnettersi), è un’analisi di come le aziende tutelano il benessere dei lavoratori. I risultati sono in contrasto tra loro. Mentre il 73%, pari a 3 aziende su 4, dichiarano che il benessere dei propri dipendenti è fondamentale, al contrario il 60% dei lavoratori in Italia, (il 45% a livello mondiale) ritiene che l’azienda non si spende poi tanto da questo punto di vista. L’equilibrio tra vita professionale e privati è un traguardo che permette la conciliazione dei due ambiti.
Comunque nel mondo ipertecnologico e iperconnesso in cui siamo fagocitati, staccarsi dal lavoro risulta complicato. Risulta, infatti, che su scala mondiale quasi il 50% supera l’orario di lavoro standard almeno 3 giorni a settimana. Mentre il 60% ben 4 giorni a settimana controlla le proprie email aziendali fuori dall’orario lavorativo. Questo aspetto colpisce più le nuove generazioni più avvezze alle nuove tecnologie che le precedenti. Entrare in questo vortice è estremamente pericoloso. Tant’è che quasi il 70% ha dichiarato di vivere situazioni stressanti ed ansiose.
A tal proposito le aziende sono consapevoli della probabile crescita del turnover tra i dipendenti e delle assenze per malattia. Come si è visto il periodo post pandemia ha prodotto una concezione diversa sia del lavoro che della vita privata, orientata verso modi più ibridi e flessibili. In modo da conciliarle entrambe, per rivalorizzare soprattutto la seconda. I dati nudi e crudi ci dicono che allo stato dell’arte, nel nostro Paese solo 1 azienda su 3 sembra orientata a tutelare il benessere dei lavoratori. Le aziende dovrebbero tenerne conto eccome, se vogliono aumentare la produttività. Infatti un lavoratore più soddisfatto, meno stressato rende di più e fa crescere l’azienda.
Alcune categorie di lavoratori, come recita il recente decreto “Aiuti bis”, potranno usufruire dello smart working sino a fine anno. Si tratta di lavoratori fragili, privati e della pubblica amministrazione, oltre a quello previsto per i genitori che hanno figli under 14. Infine dalla ricerca è emerso che i lavoratori richiedono più tempo per il tempo libero da spendere con amici e famiglia, per lo sport e impegnarsi in attività ludiche. Vuoi vedere che dedicarsi ad una sano e creativo cazzeggio creativo potrebbe rilevarsi la soluzione del malessere che affligge i lavoratori? “Provare per credere” era lo slogan pubblicitario di un’azienda di mobili che ebbe un successo strepitoso negli anni’80 del secolo scorso. Potrebbe essere utilizzato per promuovere la “disconnessione” dal lavoro. Perché no?