Il pole position il Lussemburgo tra congedi e ferie annui, seconda la Spagna per il salario minimo e la Francia è migliorata di due posti.
Roma – Vita e lavoro, in Italia uno squilibrio evidente! L’equilibrio tra vita privata e lavorativa rappresenta uno degli aspetti fondamentali per il benessere dei lavoratori e, di conseguenza, della collettività. Ebbene, l’Italia non è messa affatto bene, tanto che si piazza al quart’ultimo posto tra i Paesi europei. La speciale classifica è stata stilata da Remote, una piattaforma che si occupa di marketing e risorse umane per le aziende a 360°. Oggetto dello studio è stata la qualità del lavoro nei Paesi dell’Unione Europea, esaminando una serie di elementi, tra cui: giorni di ferie, assistenza sanitaria, salario minimo, orario di lavoro, congedi disponibili, stipendio in caso di malattia, soddisfazione dei dipendenti e inclusività LGBTQ+.
Quest’ultimo termine indica tutte quelle persone che non si sentono pienamente rappresentate dall’etichetta di donna o uomo eterosessuale. Il primo posto è stato raggiunto, con ampio margine, dal Lussemburgo che ha raggiunto un punteggio molto alto in tutti gli indicatori, in particolar modo per il congedo di maternità obbligatorio e le ferie annue. Inoltre dalle risposte risulta un Paese in cui la felicità è di casa. Un paradiso terrestre, o quasi, stando all’analisi! Al secondo posto, troviamo la Spagna, in cui è emerso un buon sistema sanitario universale a spese dello Stato e un salario minimo corrispondente a 9,02 dollari all’ora. Già, il salario minimo, in Italia non è stata prevista nessuna legge e, da questo punto di vista, siamo in alto mare. Medaglia di bronzo, come si usa definire in gergo sportivo chi si classifica al terzo posto, si è piazzata la Francia.
Gli aspetti che hanno determinato il punteggio sono stati: le ferie a disposizione annualmente, 36 giorni e il salario minimo per tutti i lavoratori. Rispetto alla precedente edizione dello studio, Lussemburgo e Spagna hanno rispettato le posizioni e tra le prime dieci sono state le uniche. La Francia è migliorata di due posti, raggiungendo l’ultimo gradino del podio dal quinto posto che occupava nel 2022. La Danimarca, di cui è da sottolineare la migliore performance per l’indice di felicità, dal decimo posto è passata al quinto. Ma il miglioramento più clamoroso è stato quello del Regno Unito, passato dal ventottesimo posto del 2022 nei primi dieci. L’Italia è quasi fanalino di coda.
Occupa la ventisettesima posizione su trenta. Non c’è da stare allegri, tutt’altro. Il fattore che ha inciso su questa classifica è stato la totale assenza del salario minimo. Non è che è assente perché prima era presente. No, non c’è mai stato, inesistente! Per la cronaca, va ricordato che su ventisette Paesi dell’UE, 22 hanno una legislazione al riguardo e l’Italia è tra i cinque a non averla. Della serie: ci facciamo sempre riconoscere! Nemmeno negli altri indicatori primeggiamo e non poteva essere altrimenti, vista la classifica. Ad esempio arranchiamo anche nell’indice di inclusività, in cui occupiamo la diciannovesima posizione.
Al di là del valore scientifico si studi come questi, quello che emerge non è una novità. Basta farsi un giro per il mondo per averne la percezione. Certo le ricerche sono suffragate dai numeri, che come si dice, non mentono. L’aspetto più interessante emerso è che l’equilibrio vita-lavoro è una condizione necessaria per migliorare il benessere dei lavoratori e, quindi, della società nel suo complesso. Oltre ad essere una questione di civiltà, offre dei vantaggi anche dal punto di vista meramente economico, nel senso che un lavoratore più soddisfatto, produce di più. Quindi non si comprende la cecità politica e la testardaggine a non intervenire in tal senso, come i numeri confermano!