Vade retro, rave party! Ma è l’ignoranza a ballare

Il provvedimento ad hoc per regolamentare i rave party, varato recentemente dal Governo, ha fatto discutere e continua a farlo. I raduni sono messi sotto accusa a causa dei loro eccessi.

Roma – Il recente decreto del Governo sui rave party prevede finanche la reclusione da 3 a 6 anni per chi organizza raduni musicali in terreni o edifici privati quando da questo ne può scaturire un pericolo per la salute pubblica. Le polemiche su questi eventi si sono sempre scatenate e variano dalle esagerazioni dei media all’appello al decoro e alla morale pubblica.

Spesso si parla a vanvera perché c’è enorme ignoranza sull’argomento, omettendo di analizzare i motivi per cui da oltre trent’anni questi eventi rappresentano un’attrattiva per migliaia di giovani. Il consumo di droghe in queste manifestazioni è un fatto acclarato, spesso ingigantito dalla stampa. Nel senso che non è, purtroppo, il solo e unico luogo dove se ne fa uso. Come l’aspetto della legalità dei luoghi in cui i giovani si ritrovano. Nella maggior parte dei casi sono senza permessi e in proprietà private. Questo aspetto è stato il motivo per cui il Governo ha varato il nuovo reato di “raduni pericolosi”, che molte polemiche ha sollevato e con molti dubbi di incostituzionalità. I rave nascono come feste in parte spontanee.

Un rave party a Redon, in Francia, nazione in cui tali raduni sono molto popolari.

In questa fase uno o più gruppi di persone (le cosiddette “crew”, dj per la musica) fissano la data dell’evento in un certo luogo. Una volta la pubblicità si faceva col passaparola, ora attraverso Facebook e Telegram. L’informazione sul luogo del raduno viene diffusa quasi a ridosso del suo svolgimento per evitare che lo sappiano anche le forze dell’ordine. I rave sono definiti dagli aficionados “free party” a intendere sia la libertà espressiva insita in questi eventi, sia il fatto che sono gratis. I partecipanti variano da alcune centinaia a molte migliaia. Gli eventi più grandi sono frequentati anche da giovani di altri Paesi, soprattutto dalla Francia dove sono molto popolari. Normalmente durano più giorni, al ritmo veloce assordante e continuo della musica techno che è quella più diffusa.

I rave party vengono messi sotto accusa per la frequente presenza di stupefacenti.

Le droghe in questi raduni sono un’attrattiva fondamentale per molti fan, ma non per tutti. Per molti ragazzi i rave sono spesso un’occasione di socializzazione con altre persone, viste come affini per condividere esperienze e divertimento fuori dai circuiti commerciali e con costi molto bassi per i partecipanti. È chiaro che la presenza di sostanze stupefacenti è rilevante ed è facile declinare l’equazione rave party uguale droga. In effetti, i rave si diffusero negli anni ’80 del secolo scorso in Inghilterra quando iniziò a diffondersi una nuova droga, l’mdma, successivamente conosciuta come ecstasy. Questa sostanza trasmette energia ed euforia permettendo di danzare tutta la notte, con effetti collaterali deleteri per la salute.

Il problema è diventato, negli anni, talmente dirompente, che le istituzioni stanno cercando di porvi rimedio. In Piemonte è nato il Progetto Neutravel, a cura dell’azienda sanitaria locale e di cui è responsabile l’assistente sociale Elisa Fornero. Lo scopo è di presenziare ai free party con banchetti informativi sulla strategia della riduzione del danno e di offrire test gratuiti con cui si può verificare se la sostanza acquistata corrisponda a quella dichiarata. Luigi Einaudi, economista liberale ed ex Presidente della Repubblica, nel lontano 1955 scrisse: “Prima conoscere, poi discutere, poi deliberare”. Non pare certo che questa massima sia stata attuata dall’attuale Governo nel decreto sui rave party!

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