Un freno al reso gratuito per gli acquisti online

Fino al 2018 nessun costo di restituzione, ma la regolamentazione è cambiata vista la mole di clienti che rimandano indietro i prodotti.

Roma – L’effetto “calamita” degli acquisti online. Da quando il computer si è introdotto, furtivamente e senza chiedere permesso, nelle nostre vite, viene utilizzato per qualsiasi cosa. Gli acquisti non sfuggono a questo destino. Solo che quando si ha a che fare con questo infernale aggeggio, ci si lascia trascinare in un vortice impetuoso, da cui non si riesce a divincolarsi. Il meccanismo è ben rappresentato proprio dagli acquisti online. Se ne fanno molti, tanto si può fare il reso, che, infatti, sono in crescita esponenziale. Ebbene, poiché ogni manifestazione della vita nell’era telematica viene studiata, scrutata a fondo, non poteva mancare anche la definizione apposita per questo fenomeno, ovvero “bracketing e-commerce”.

Si tratta dell’acquisto di prodotti diversi e simili per poi restituire quelli non confacenti alle proprie aspettative. Certo, il senso comune suggerirebbe di recarsi direttamente in loco per guardare, toccare e, casomai comprare. Anche perché un prodotto, un indumento o qualunque altro oggetto, per quanto possano essere definite le immagini al computer, non trasmettono le stesse sensazioni di quando si vedono dal vivo. Comunque sia, sta di fatto che i resi online, nell’ultimo ventennio, sono cresciuti seguendo l’andamento degli acquisti. Fino al 2018 sono stati gratuiti, ma vista la malaparata, alcuni siti di e-commerce hanno modificato la regolamentazione. Tuttavia, molti marchi continuano nella seduzione del cliente, corteggiandolo con frasi più o meo di questo tipo “Prova i nostri prodotti senza costi, senza lasciare casa, comodamente sul tuo divano“.

E-commerce e regolamento del reso

Presi da tanti impegni, molti abboccano all’amo, anche perché non si ha voglia di farsi un giro per negozi o centri commerciali. Ma se si trattasse di un’anodina pigrizia, la questione sarebbe troppo semplicistica. In realtà. è lecito porsi una domanda: “Ma ciò che si acquista compulsivamente lo desideriamo o ne abbiamo bisogno”? Si sa che il web è una finestra aperta sul mondo, da cui possiamo vedere ciò che esso ci mostra e da cui veniamo attratti. Aprendo questa finestra è come mostrare il petto a chiunque, nel senso che si diventa facili bersagli, soprattutto i più giovani, di prodotti, di foto e di video lanciati dagli influencer. E si innesca un meccanismo, quasi un ciclo continuo, caratterizzato dallo smantellamento dell’imballaggio in cui è deposto l’oggetto del desiderio. Esprimendo sempre quell’aria un po’ ebete e un po’ attonita, come di solito fanno i bambini. Il marketing dei siti di e-commerce si basa sul concetto “vedi adesso, compra adesso” puntando sul fatto che il cliente resta per qualche attimo indeciso e non riflette prima di acquistare.

Ed è proprio in quel breve spazio temporale che lo slogan realizza la sua strategia, come una mangusta quando azzanna il serpente boa. Ma la stagnante situazione economica degli ultimi tempi, ha costretto molti marchi a cambiare registro, abbandonando il “vedi adesso, compra adesso”. Molti hanno deciso di far pagare al clienti il reso, a causa dell’aumento dei costi di produzione e di trasporto. Appare paradossale come i grandi marchi dell’acquisto veloce, i primi a godere degli incassi derivanti dagli iniziali tentennamenti del cliente, abbiano alterato in così poco tempo le loro strategie di vendita. Forse stanno accusando la fatica per non riuscire a sopportare i ritmi da loro stessi creati.

Chissà, poi, se il consumatore acquisirà più consapevolezza, anche pagando a sue spese o se lo sperpero di denaro fatto per acquisti, spesso, inutili non avrà insegnato nulla. A saperlo! L’unica certezza è che il fenomeno c’è e resta. Ci hanno dato la bicicletta, ora ci tocca pedalare, sperando che i freni funzionino, perché è un attimo e ci si trova fuori strada!

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