Negligenza, imperizia e dirigenti in fuga hanno causato migliaia di decessi fra anziani incapaci di badare a sé stessi. Alcuni ospizi, come quello di Parco Navile a Bologna, avrebbero minacciato i dipendenti di non indossare le mascherine per non creare allarmismi. E la situazione è sfuggita di mano.
Sebbene la Fase 2 sia alle porte, il dramma sanitario continua. Al contrario nel Nord Italia il conto delle vittime e dei nuovi contagi continua a crescere in maniera costante, toccando quasi sempre numeri a tre cifre. Il lavoro della magistratura sta portando a galla scenari preoccupanti, che implicherebbero delle responsabilità da parte delle Rsa nella gestione dei pazienti affetti da Covid-19 e, qualora confermate, segnerebbero una delle pagine più nere della storia sanitaria nazionale. A quanto pare le indagini degli inquirenti si stanno estendendo in tutta Italia ed alcune Procure più grandi hanno dedicato alle indagini alcuni magistrati inquirenti ad hoc che si occuperanno esclusivamente di ospizi e decessi di anziani. In Emilia Romagna lo scandalo dilaga a macchia d’olio come in altre regioni ma, a quanto pare, con maggiore “virulenza”, tanto per rimanere in tema.
Questo è soltanto l’inizio di una lunga e tortuosa vicenda giudiziaria che promette risvolti eclatanti. Ne sa qualcosa un operatore socio-sanitario della residenza per anziani Parco del Navile, a Bologna, il quale ci ha informati della tragica situazione che si è venuta a creare all’interno della struttura:
“…Io lavoro all’interno del Parco del Navile a stretto contatto con disabili e anziani – ci spiega l’operatore di 45 anni che ci ha pregato di mantenere l’anonimato – nei primi giorni di marzo un fisioterapista è stato messo in quarantena poiché aveva partecipato a un corso d’aggiornamento insieme a un soggetto Covid-positivo. La risposta aziendale all’evento è stata quella di non creare allarmismo ovvero di continuare come se nulla fosse accaduto. Gli ospiti, infatti, hanno continuato a svolgere le loro attività in maniera normale: dalla palestra alle passeggiate, mensa e ricreazione in giardino con tanto di assembramenti. Possiamo dire che non è cambiato nulla. La situazione è rimasta invariata fino a quando sono iniziati ad esplodere i primi casi, intorno al 27 di marzo. Quando alcuni ricoverati hanno avuto i primi sintomi c’è stato un vero e proprio ammutinamento generale. La maggior parte dei dirigenti della struttura si sono messi in malattia lasciando la responsabilità della grave situazione sulle spalle degli operatori i quali erano impreparati per gestire l’emergenza. Per un lungo periodo di tempo la struttura è andata avanti con una sorta di autogestione. Ironia della sorte fino a quel momento ogni volta che avevamo dimostrato qualche perplessità ai responsabili, la loro risposta era stata sempre la stessa: non create allarmismi! Parco del Navile è una struttura dove mancano competenze specifiche dunque si sarebbe dovuto agire in maniera preventiva. Il risultato? Ad oggi sono 30 i decessi e i contagiati più di 20 in un complesso che di norma conta 106 ospiti. Logicamente più di una persona ha cercato di sminuire questi numeri riproponendo la differenza tra i decessi per Covid e quelli con Covid, ma la realtà dei fatti, alla fine, è questa…”.
Anche per quanto concerne i dispositivi di sicurezza pare che la residenza bolognese non sia stata all’altezza della situazione mettendo così a repentaglio la salute di ospiti e lavoratori.
“…All’inizio della pandemia – continua l’operatore – i dispositivi di sicurezza non erano sufficienti per tutti: le mascherine sono arrivate verso la terza decade di marzo. Ovviamente gli stessi dispositivi si sono rivelati inadeguati: l’elastico di alcune mascherine, ad esempio, non arrivava neanche dietro l’orecchio… Ci sono stati forniti camici monouso da tenere tutto il turno mentre in teoria andrebbero indossati sopra un copri-divisa idrorepellente. Inoltre non abbiamo avuto il percorso di sanificazione sporco-pulito fino a circa due settimane fa. Non sono stati organizzati per tempo gli spazi d’isolamento o le contenzioni per chi soffre diwandering (ovvero pazienti con disturbo del vagare senza meta) che, logicamente, entrando e uscendo dalle stanze diventavano facili agenti di contagio. Sicuramente il fatto che tutte le stanze fossero piene, almeno nel mio reparto, ha fatto sì che risultasse impossibile isolare i casi. Inoltre a rendere ancor più grave la situazione è stato il fatto che la diffusione del virus si è presentata in maniera simultanea su molti ospiti, rendendo difficoltosa la contenzione dei malati. È stata un’esperienza scioccante per tutti noi, ci siamo sentiti soli…”.
Il titolare della struttura socio-sanitaria è il consorzio Kedos che, nella gestione dell’ospizio, si avvale delle cooperative sociali Cadiai e Gulliver. La residenza è composta da 64 camere, di cui 22 singole e 42 doppie, per un totale di 106 posti disponibili. Diverse perplessità in merito alla gestione del Parco del Navile sono pervenute anche da parte del sindacato Usb che tramite il rappresentante per il Lavoro Privato Fabio Perretta, non le ha certo mandate a dire:
“…Attualmente i decessi al Parco del Navile sono circa una trentina – dichiara il sindacalista- mentre i contagi hanno colpito quasi la totalità degli ospiti. La situazione non è facile, basti pensare che ormai tutti i lavoratori della Residenza iscritti al sindacato sono a casa in quarantena. Il vero problema è stato il fatto che i vertici si sono mossi in ritardo nell’adeguamento delle strutture per porre ostacoli al dilagare della pandemia. Dal Parco del Navile, come tante altre Rsa, ci arrivavano segnalazioni di responsabili di strutture che chiedevano ai propri lavoratori di non girare con le mascherine così da non spaventare gli ospiti. Tale situazione si è replicata sia nell’Asp di Bologna sia nelle strutture private. Sostanzialmente in questi ambienti si è verificata una combinazione tra l’impreparazione nel gestire un’emergenza di questa portata e la sottovalutazione della virulenza dell’agente patogeno. E gli effetti sono stati devastanti. Pensiamo che nella struttura in questione ci sono stati giorni in cui l’80% del personale era assente. Tra chi era in quarantena, in malattia e chi era effettivamente contagiato, ci sono stati momenti che gli Oss presenti nella Residenza erano 2 o 3. Anche la mancanza e l’inadeguatezza dei presidi individuali di sicurezza hanno rappresentato un problema che si è solo parzialmente risolto. Oltre alle mascherine chirurgiche, gli operatori hanno lamentato la mancanza di copricapo e camici. Quando questi ultimi erano disponibili la composizione del materiale era in Tnt…”.
Attualmente l’Emilia-Romagna con circa 25 mila ospizi è la terza Regione più colpita dal virus. I decessi, invece, hanno superato di gran lunga la soglia dei 3 mila. Dunque dopo la Lombardia questa è la zona con il più alto tasso di mortalità per Covid-19.
Se le affermazioni dell’Oss, dei suoi colleghi di struttura a cui fanno seguito le dichiarazioni di altri lavoratori sparsi nelle Rsa di tutta Italia in uno con la grave situazione snocciolata dal sindacato dovessero essere confermate, nella Regione di Bonaccini si prospetterebbe una vera e propria bufera giudiziaria. In tal caso l’elevato numero di decessi avvenuto solo in alcune zone della Penisola potrebbe trovare una spiegazione nella malagestione dell’epidemia dove negligenza e imperizia hanno fatto il resto. L’unica certezza al momento è la complessità della situazione. Troppi gli anziani deceduti con picchi altissimi sparsi a macchia di leopardo. In alcune Rsa, dove i protocolli di sicurezza sono stati rispettati per tempo, non ci sono stati morti né contagiati. Dolo o colpa grave?