Si produce, si consuma e si spreca troppo cibo in una parte del mondo, quello cosiddetto più civilizzato. Mentre la gran parte della popolazione mondiale muore di fame, anche a causa di siccità e carestie. Da qualche anno attraverso il “Metodo Spreco Zero” si cerca di porre un argine a questa grave contraddizione.
Roma – Nella parte di mondo, quello cosiddetto avanzato, si produce, si consuma e si spreca (nel senso che si butta via, si smaltisce) troppo cibo, mentre nella restante gran parte (la più sfigata!), come in una sorta di ferocia ed efferatezza della Natura si muore di fame, anche a causa di siccità, carestia e malattie. Per quest’ultime anche noi ci siamo messi quasi in pari, almeno nell’ultimo periodo con i decessi dovuti al coronavirus.
Il fenomeno dello spreco alimentare è una delle tante contraddizioni delle società appartenenti al mondo cosiddetto civilizzato. Le storie con cui viene raccontato il nostro mondo attraverso i messaggi subliminali della pubblicità e le strategie persuasive del marketing comunicativo aziendale, ci mostrano ad ogni piè sospinto festeggiamenti con grandi eventi conviviali, che gratificano i sensi del consumatore con immagini di sapori e piatti luculliani. Oggi tutto questo viene definito con la locuzione di storytelling. Sempre di prese per i fondelli si tratta, nel senso che raccontano una realtà immaginaria proiettandovi atmosfere oniriche. La nuda, cruda e impietosa realtà reale (passi la cacofonia) ci racconta altro. Ci dice, invece, che lo spreco alimentare domestico, dei grandi supermercati e quello collettivo rappresenta il più grande buco nero non solo in Italia, ma in tutto il mondo!
I dati reali, monitorati per la prima volta in Italia per mezzo i test dei Diari di Famiglia, realizzati attraverso il progetto Reduce del Ministero dell’Ambiente in collaborazione col Dipartimento di Scienze e Tecnologie Alimentari dell’Università di Bologna e annunciati dalla campagna Spreco Zero, che li ha resi pubblici nel febbraio 2018 in occasione della Giornata Nazionale di Prevenzione dello Spreco Alimentare, hanno certificato numeri allarmanti: lo spreco domestico e familiare incide tra il 60 e 75% della filiera spreco, dal campo alla tavola. In dettaglio, ogni settimana mediamente in una famiglia vengono buttati 700,7 gr.; il valore dello spreco alimentare pro-capite a settimana è di 3,76 euro; il valore dello spreco alimentare pro-capite annuale è di 196 euro; il valore dello spreco domestico nazionale è pari a 11.858.314.935 euro, che corrisponde allo 0,69% del Pil (Pil 2017, valore a prezzi correnti, fonte Istat).
I Diari di Famiglia sono un campione rappresentativo di 400 famiglie in tutta Italia che ha annotato per una settimana i riscontri quali-quantitativi del cibo sprecato. Sono, dunque, non sondaggi ma dati monitorati e certificati e ulteriormente sottoposti a “sorting waste” (raccolta differenziata) cioè, un controllo della spazzatura per incrociare le cifre annotate con l’effettiva quantità di cibo smaltito.
Dai Diari di Famiglia emerge che 1 italiano su 2 (45,8%) dichiara “Di non aver fatto in tempo a consumare tutto il cibo acquistato”; 1 italiano su 4 (25,8%) ha dichiarato “che non gradiva il cibo acquistato e per questo non lo ha consumato”; 1 italiano su 5 (18,2%) ne “aveva cucinato troppo”. Si sprecano soprattutto verdura (24,9%), frutta (15,6%), latte e latticini (17,6%), prodotti da forno (11,6%). Emerge, però, anche qualche aspetto positivo: rispetto alla ricerca precedente del 2014, gli italiani sembrano propensi a spendere di più per la qualità e la provenienza territoriale degli alimenti. Lo mettono in risalto alcuni indicatori: in aumento le vendite di prodotti senza zuccheri aggiunti (+8,6%) e senza olio di palma (+7,4%), quelli di prodotti a base di cereali integrali (+10,3%), di farro (+10%) e che hanno tra gli ingredienti la quinoa (+23,7%). Questo non significa che all’improvviso l’italiano è diventato salutista e seguace di un regime alimentare sano ed equilibrato, anche perché alcuni alimenti le cui vendite sono aumentate vertiginosamente sono scelti più per moda che per consapevolezza, ad esempio l’agave, alimenti esotici o a base di soia.
Tuttavia, risultano essere in aumento i consumatori di prodotti locali, quelli cosiddetti a km zero o alimenti di alta qualità o di nicchia, ma di alta gamma e lo testimonia l’incremento dell’8,6% registrati dalla vendita di prodotti a marchio “100% italiano”. Non è che fa trendy anche questo? Un’altra novità interessante è rappresentata dal “food delivery”: un aumento dell’80% rispetto al 2017 delle consegne a casa dei piatti pronti, a dimostrazione del fatto che 3,5 milioni di italiani sono pantofolai preferendo la comodità delle mura domestiche rispetto alla voglia di mettersi ai fornelli. Un dato, quest’ultimo, che sarà schizzato ancora più in alto da quando è scoppiata la pandemia e la relativa reclusione casalinga, soprattutto per chi ha un rapporto quasi conflittuale con pentole e piatti!
Il periodo di arresti domiciliari scaturito per le note vicende dovrebbe, in realtà, stimolare il… ritorno alla zappa, alla coltivazione del proprio orto per chi ha la fortuna di averlo o all’incremento del cosiddetto orto sociale. Quegli appezzamenti di terreno, cioè, assegnati ad associazioni per finalità sociali, persone in condizioni di disagio, anziani, portatori di handicap o semplicemente alla comunità per essere utilizzati come orto. Oltre alla finalità di produrre ortaggi senza fini di lucro, ma per il consumo domestico, possono soddisfare anche la necessità che il corpo ha di stare in movimento, di gustare un prodotto più sano e di risparmiare!
La campagna Spreco Zero è stata ideata dal prof. Andrea Segrè, docente di Politica Agraria e Comparata dell’Università di Bologna, che da oltre 20 anni si interessa di spreco alimentare. Ha fondato Last Minute Market, un’impresa sociale di cui è diventato presidente. La locuzione Spreco Zero ora è diventata un libro dal titolo omonimo, pieno di informazioni e consigli anche pratici. Si va dalla compilazione quotidiana di un diario dello spreco, in cui annotare ciò che viene buttato, alla spesa intelligente e mirata per non cadere nel tranello persuasivo del marketing industriale, fino alla conoscenza a fondo del frigorifero di casa per organizzarlo bene nella conservazione del cibo. Insomma, si parla di economia circolare e diminuire lo spreco del cibo aiuta a cambiare la nostra vita e quella del pianeta, riducendone non poco i costi per lo smaltimento dei rifiuti, che tanto gravano sul bilancio familiare. Il nuovo motto sarà: “Evitiamo di… sprecare l’occasione della campagna Spreco Zero” .