Un ennesimo femminicidio che forse si poteva evitare. Il Codice Rosso, per diventare uno strumento efficace, ha bisogno di diverse migliorie in grado di neutralizzare sul serio lo stalker anche con l’uso di braccialetto elettronico.
Spinea – Un altro femminicidio che si poteva evitare quello che ha provocato la morte di Lilia Patranjel, moldava di 40 anni, badante, morta ammazzata in casa per mano del suo convivente rumeno. La donna, appena il mese scorso, aveva chiamato i carabinieri per denunciare diversi episodi di violenza domestica ma poi lui, Alexandru Ianosi, rumeno di 35 anni, saldatore, l’aveva convinta a ritirare la denuncia promettendole di non picchiarla più. Il 22 settembre scorso, al culmine dell’ennesima, violenta lite l’uomo avrebbe colpito la donna con decine di coltellate la cui violenza avrebbe quasi staccato un braccio alla vittima.
Un copione che si ripete e che vanifica l’applicazione di quel “Codice Rosso” che prevede maltrattamenti continui nel tempo e l’obbligo di una denuncia scritta prima di diventare uno strumento a protezione delle donne oggetto di sevizie, soprusi e femminicidio. Anche in questo caso i due si erano conosciuti per caso in un locale di Bologna dove viveva la vittima. La donna aveva già due figli nati da una precedente relazione: una ragazza di 17 anni, residente con il compagno in provincia di Venezia, e la sorella di 15 anni che vive con il padre in Moldavia. Il presunto assassino ha due figli che vivono in Romania e nel 2018 ha avuto da Lilia un altro bambino, che si trovava in casa al momento dell’omicidio ma che non avrebbe assistito alla mattanza.
Ianosi era dedito all’alcol e quando rientrava a casa alticcio erano discussioni e botte per Lilia che più volte gli aveva chiesto di smettere. Gli alterchi, quasi esclusivamente per motivi di insensata gelosia, avevano finito con il corrodere un rapporto che nel giro di tre anni si era completamente sfaldato. Lilia dunque aveva detto al compagno di volerlo lasciare ma l’operaio l’aveva presa male e non c’era giorno che i due non litigassero.
Sino allo scorso 22 settembre quando, intorno a mezzanotte, Ianosi aveva aggredito Lilia a coltellate, colpendola innumerevoli volte e con una forza tale da mozzarle quasi di netto un braccio. Le urla atroci della donna avevano richiamato l’attenzione dei vicini di casa che telefonavano ai carabinieri. I militari giunti sul posto non notavano nulla di strano sino a quando non ricevevano una seconda telefonata. Era quella di Alexandru Ianosi:”… L’ho uccisa, l’ho colpita troppe volte – ha detto all’operatore di turno il reo confesso – venitemi a prendere…”. I militari si recavano di nuovo in via Mantegna e si trovavano davanti uno spettacolo agghiacciante: la donna era riversa sul pavimento del soggiorno in un lago di sangue mentre il compagno era seduto poco distante, accanto al figlio di 4 anni, poi trasferito nel reparto di Pediatria dell’ospedale di Mirano.
Due giorni dopo il presunto carnefice si sarebbe avvalso della facoltà di non rispondere davanti al Gip Luca Marini e alla Pm Alessia Tavarnesi. Per lui ha parlato il suo legale, l’avvocato Neri Nardi:
”…Il mio cliente è sconvolto, non ricorda quasi nulla – spiega Nardi – c’era stato un litigio, ma si trattava di un banale screzio domestico, nessuna crisi di gelosia. Non aveva bevuto, non si sa spiegare neanche lui tanta violenza…”.
Un’amica della vittima non ha dubbi:”…Ho provato a parlare con Alexandru – aggiunge Tamara Tiganu, amica della vittima – gli ho detto di smetterla e di comportarsi bene. Mi ha risposto di non impicciarmi… Quando Lilia gli diceva di volerlo lasciare, lui le rispondeva che poteva anche andarsene ma che il loro bambino sarebbe rimasto con lui. Lilia provava a farlo ragionare, ricordandogli che lui non sapeva neppure come fare ad accompagnare il piccolo all’asilo, però non c’era modo di farglielo entrare in testa: Lasciami pure, ma senza nostro figlio: troverò qualcuno che si occuperà di lui. Se te ne vai lo devi lasciare qui, altrimenti ti uccido, le aveva detto più volte. Ad agosto era andata dai carabinieri. Ma subito lui si era messo a piangere, le aveva assicurato di essersi pentito…”. Cosi non è stato.