Il privato da solo, in questo specifico settore, può davvero poco senza il sostegno delle istituzioni pubbliche. E se sostenibilità non è solo una parola astrusa ma l’unica condizione di uno sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri, allora dobbiamo sbrigarci.
Roma – Ci sono periodi della storia sociale dell’umanità in cui alcune tendenze culturali diventano il leitmotiv del dibattito pubblico. Uno di questi è la transizione ecologica di cui, tanto per non farci mancare nulla, è stato istituito perfino un ministero con la nascita del Governo Draghi nel febbraio del 2021.
Per rinfrescarci la memoria con questa locuzione si intende un insieme di azioni orientate alla sostenibilità dell’economia, per favorire il passaggio da un sistema basato sulle fonti energetiche inquinanti ad un modello virtuoso incentrato sulle fonti green. In questo processo entra a pieno titolo la decarbonizzazione, le cui maggiori responsabili sono state le imprese inquinanti, tra le quali ricordiamo quelle delle concerie, coloranti, piombo ed altre porcherie del genere.
Il guru della finanza Larry Fink si è sentito in dovere di lanciare un monito attraverso una lettera ai suoi amministratori delegati. Il nodo cruciale è che le imprese da sole non sono in grado di centrare gli obiettivi di decarbonizzazione. Per riuscirci c’è bisogno delle autorità pubbliche. Il capitalismo ha il potere di plasmare la società ed agire come un potenziale catalizzatore per il cambiamento.
Ma le aziende non possono trasformarsi in polizia climatica. E’ compito dei Governi stabilire i requisiti e regolamenti di sostenibilità e il settore pubblico deve proporre partnership con il privato. La gran parte degli azionisti, dipendenti, clienti fino alle comunità e i regolatori si aspettano che le imprese giochino ognuna il proprio ruolo nel prendere parte al processo di riduzione del rapporto carbonio-idrogeno dell’economia globale.
Il sermone è continuato in questi termini: abbiamo bisogno che i Governi forniscano percorsi chiari e coerenti per la politica di sostenibilità, la regolamentazione e la divulgazione nei mercati.
Devono anche sostenere le comunità colpite dalla transizione, aiutare a catalizzare il capitale per i mercati emergenti ed investire nell’innovazione e nella tecnologia che saranno fondamentali per la decarbonizzazione dell’economia globale.
E’ stata l’alleanza tra i Governi e le aziende che ha portato allo sviluppo dei vaccini per il Covid-19 in tempi record. Quando il pubblico ed il privato vanno in tandem si possono ottenere cose incredibili. Questo è quello che bisogna fare per realizzare un’economia a zero emissioni.
E’ chiaro che, dal punto di vista dell’economia, il rischio climatico è un rischio di investimento. Già da qualche anno si è assistito ad uno spostamento sostanzioso di capitale verso un’economia più sostenibile.
Ma siamo solo all’inizio ed è necessaria, secondo questa visione, una forte fase di accelerazione, che potrà essere sostenuta solo col decisivo aiuto dell’intervento pubblico. Anche perché il passaggio da alta intensità di carbonio ad uno senza, non avverrà senza ingenti costi che, come sembra, saranno coperti dalla mano pubblica.
Se la grande finanza assume atteggiamenti compiacenti, qualche dubbio sorge spontaneo. “Quando il diavolo ti accarezza vuole l’anima“, recita un vecchio motto popolare, nel senso di fare attenzione a chi assume un comportamento in contrasto con quelli consueti.
Ricordate qualche decennio fa quando, da fonti provenienti sempre dalla grande finanza e impresa, si levarono forti le grida di dolore per la presenza massiccia dello Stato nell’economia? E che bisognava liberarsi di tanti lacci e lacciuoli che l’intervento pubblico poneva? E di lasciar fare al libero mercato, che con la sua mano invisibile avrebbe messo le cose a posto, secondo delle leggi quasi naturali?
Ma pare che non abbiamo scelta poiché il problema riguarda tutti. Solo che qualche volta, sarebbe opportuno che i costi e benefici siano distribuiti in maniera equa e non, come al solito, i primi a carico dei contribuenti ed i secondi delle imprese. Siamo proprio stufi!