Solo belle parole dalle multinazionali del tabacco

Secondo uno studio autonomo di Philip Morris, l’azienda sarebbe un baluardo di equità, sostenibilità e impegno sociale. La cosa avrebbe del ridicolo, se solo non ci fossero di mezzo le vite di milioni e milioni di persone.

New York – La multinazionale del tabacco Philip Morris ha presentato il nuovo rapporto integrato, che offre un aggiornamento completo delle modalità messe in atto dall’azienda per raggiungere gli obiettivi di business e sostenibilità. Ormai qualunque grande gruppo, indipendentemente dal settore in cui opera, non può non accennare alla sostenibilità. Fa tanto trend e i clienti sono tutti più contenti.

La sede romana di Philip Morris

Ha inoltre preannunciato la transizione dell’azienda verso un futuro senza fumo. Al rapporto è allegata una dichiarazione d’intenti che invita a una collaborazione più incisiva coi governi e la società civile per raggiungere gli obiettivi prefissati, ovvero eliminare i prodotti basati sulla combustione.

Sono previsti nuovi criteri di misurazione per i progressi ambientali, sociali e di governance, oltre all’utilizzo dell’Indice di Sostenibilità per valutare le performance aziendali. Tutto questo processo interesserà due aree distinte, i prodotti stessi e le attività produttive e commerciali, per rendere verificabili i progressi aziendali.

Il rapporto ha evidenziato che 15,3 milioni di consumatori sono passati ai prodotti senza combustione e che il 29,1% dei profitti deriva dai prodotti senza fumo. Il 99% degli investimenti in Ricerca e Sviluppo riguarda proprio questa fetta di mercato.

Quasi il 40% di posti dell’area manageriale è occupato da donne e le emissioni di CO2 si sono ridotte del 18%. Inoltre il 100% del tabacco sarebbe acquistato senza pericoli di deforestazione delle foreste primarie e protette.

Il rapporto prosegue con l’autocelebrazione. L’azienda ha ottenuto la certificazione Allianz for Water Stewardship per l’uso accorto della risorsa idrica, della digitalizzazione e innovazione della filiera agricola. Non poteva mancare l’attenzione al sociale. Philip Morris ha ottenuto anche la certificazione Equal Salary per l’impegno a favore della parità retributiva tra i sessi e per le analoghe opportunità e condizioni di lavoro.

Il fatto che un’azienda rediga un rapporto su sé stessa farebbe ridere, se non ci fosse di mezzo la salute di innumerevoli persone. È come chiedere all’oste se il vino è buono. Tutto questo panegirico se lo potevano risparmiare. Uno studio dovrebbe essere quantomeno redatto da un ente terzo per sperare in un minimo di oggettività.

L’incidenza dei fumatori è in lenta diminuzione, ma non si fa abbastanza

L’esaltazione dell’aspetto ecologico e sociale poi sa tanto di presa in giro. Una multinazionale del tabacco, che coi suoi prodotti ha diffuso patologie come tumori e malattie cardiovascolari, che ci viene a fare la predica. È una cosa decisamente urticante. Il tutto sulle spalle dei servizi sanitari nazionali, laddove ci sono e funzionano. Come a dire “ti ammalo, ma ti curi da solo“.

Va ricordato che nel lontano 2001 la giuria di Los Angeles condannò la Philips Morris al risarcimento con oltre 3 miliardi di dollari nei confronti di un uomo di 56 anni malato di cancro, perché la multinazionale non aveva avvertito dei rischi che il fumo comporta. Allora non esisteva l’obbligo di mettere avvertimenti dei danni causati del fumo e immagini raccapriccianti sui pacchetti di sigarette.

Ciò è avvenuto solo in seguito. Cosi la legislazione ha salvato capra e cavoli. I consumatori di tabacco esultano felici, adesso possono morire sereni, perché sono stati avvertiti. Che si vuole di più dalla vita? Chiedere dei seri programmi di prevenzione della dipendenza evidentemente è troppo.

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