Scuola, nuovo anno vecchie magagne: l’esercito dei prof precari si ingrossa

La Corte dei Conti stima che potrebbero arrivare a 250mila. I concorsi a cadenza annuale per l’immissione in ruolo non hanno risolto il problema.

Roma – Nuovo anno scolastico, vecchi problemi. “L’estate sta finendo e un anno se ne va” era il tormentone del 1985 cantato dai Righeira. L’estate sta finendo e, come tutti gli anni, sta per cominciare il nuovo anno scolastico. Già la scuola, che dovrebbe essere considerata la fucina per la classe dirigente di domani, malgrado le promesse di ogni governo, continua a presentare le stesse problematiche, ovvero il precariato dei docenti. Quest’anno, secondo alcune stime, potrebbero arrivare a ben 250 mila. E questo, perché l’attuale governo voleva risolvere l’annoso problema. Meglio non pensare ai risultati catastrofici se lo avessero preso sottogamba! I dati sono stati forniti dalla Corte dei Conti, organo di rilevanza costituzionale che svolge funzioni di controllo e giurisdizionali nelle materie di contabilità pubblica, nonché amministrative e consultive. Sono numeri attendibili, quindi, non dati a casaccio da qualche avventore di un’osteria che ha alzato un po’ il gomito.

L’esborso dalle casse dello Stato nel triennio 2021-2023 è stato di 6,8 miliardi di euro. Quest’incremento della spesa desta più scalpore se lo si confronta con il calo del numero degli alunni, diminuiti di 600 mila unità negli ultimi sette anni e con la parte di coloro che vengono immessi in ruolo. Il problema è di aver lasciato gli organici, sostanzialmente, inalterati, di aver utilizzato le quote pensionistiche e, sin dal governo Draghi, diverse procedure concorsuali, anche in virtù della riforma del reclutamento previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Le nuove disposizioni sono in vigore dal 30 giugno 2022. La riforma del Ministro Bianchi per il reclutamento degli insegnanti prevede una fase transitoria fino al 2024, che servirà ad assumere 70.000 docenti.

L’immissione in ruolo avviene tramite nuovi concorsi a cadenza annuale. Finora questo processo ha prodotto scarsi risultati per la copertura delle cattedre, a Nord-Ovest e Nord-Est, in particolare per materie come la lingua inglese, la matematica e il sostegno. Sono aumentati, invece, i contratti a tempo determinato. Le disposizioni previste dal PNRR hanno determinato, da una parte, che il ministro dell’Istruzione Valditara ha diminuito le assunzioni per quest’anno, da 45 mila a fronte di 65 mila disponibili, con la speranza di utilizzare il numero risparmiato per le prossime assunzioni e, dall’altra parte, a superare, per la prima volta, la data del 31 agosto per le immissioni in ruolo.

Nell’ultimo decreto Sport-Scuola la data per assumere i vincitori dei concorsi è prorogata, infatti, fino al 10 dicembre. Secondo molti esperti, un allungamento della data non potrà che provocare un’impennata dei numeri dei supplenti, che copriranno quel posto fino all’arrivo del docente di ruolo. I sindacati della scuola ritengono, come summenzionato, che nell’anno di grazia 2024/2025 il numero dei precari potrà arrivare all’iperbolica cifra di 250 mila unità. In questo modo si annullerà il lieve miglioramento avvenuto quest’anno. Il problema strutturale è come viene selezionato il personale docente, aspetto, questo, che qualunque governo insediatosi a Palazzo Chigi nell’ultimo decennio, invece di risolverlo, ha reso, via via, sempre più complicato. La Corte dei Conti ha inoltre confermato come tutti i tentativi effettuati per la stabilizzazione sono risultati vani ed inutili. Almeno dalla “Buona Scuola” in poi.

Con questo termine si fa riferimento alla legge 107 del 2015 proposta dal Governo Renzi. L’obiettivo era di riaffermare il ruolo centrale della scuola, contrastare le diseguaglianze socio-culturali e prevenire l’abbandono scolastico. Inoltre, stabiliva una maggiore autonomia scolastica, operativa e finanziaria sotto la guida del Dirigente Scolastico. Si sa come vanno nel nostro disgraziato Paese. Qualunque buona iniziativa si perde nei meandri del sottobosco della politica. Quando, invece, la scuola e la salute dovrebbero essere i caposaldi di una moderna democrazia. Altrimenti, democrazia non è!

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