Saman – La verità sempre più vicina

Appena finite le tristi incombenze dei periti potremmo saperne di più sulla orrenda morte della studentessa pakistana. Intanto la madre, che ha convinto la figlia a seguirla verso la tomba, viene attivamente ricercata nel suoi Paese mentre il padre, arrestato e detenuto, verrà ascoltato da un magistrato di Aslamabad.

Novellara – I poveri resti di Saman Abbas, con i brandelli degli indumenti che indossava il giorno della sparizione, hanno lasciato il casolare diroccato di Novellara, dove la studentessa è rimasta sepolta dalla notte del 1 maggio 2021. L’anatomopatologa Cristina Cattaneo e l’archeologo forense Dominic Salsarola hanno terminato le difficili operazioni di recupero del cadavere che è stato trasferito presso l’Istituto di Medicina legale di Milano per essere sottoposto ad autopsia.

Saman Abbas

I lavori dei periti nominati dalla Corte di Appello di Reggio Emilia sono durati quattro giorni. Quattro lunghi giorni di scavi e meticolose manipolazioni tramite uno speciale escavatore hanno permesso di riesumare il corpo ed altro materiale biologico della povera ragazza, morta ammazzata per aver rifiutato un matrimonio combinato ordito dalla sua famiglia, con la complicità di altri parenti e forse non solo.

Le operazioni si sono concluse nella campagna immersa nel buio e nella nebbia mentre cronisti e cameramen sono rimasti ad un chilometro di distanza per raccontare le diverse fasi del difficile e complesso recupero. I periti hanno tempo fino al 17 febbraio per presentare le loro conclusioni per quanto attengono le cause e tempistiche della morte, dinamiche dell’occultamento del cadavere e se il decesso è avvenuto per lesioni o avvelenamento.

Nella medesima data si svolgerà la prima udienza dibattimentale del processo a carico dei familiari della vittima, lo zio e i due cugini, già detenuti da mesi nel capoluogo emiliano e il padre della giovane studentessa, Shabbar Abbas, arrestato e ristretto in carcere ad Aslamabad e che il 6 dicembre prossimo dovrà rispondere davanti al giudice pakistano delle accuse che gli sono mosse dalla magistratura inquirente italiana. Dopo 575 giorni sotto terra il cadavere della vittima è stato rinvenuto ancora integro:

Shabbar Abbas

”…Il contesto in cui il corpo è stato ritrovato – ha detto Gaetano Paci, procuratore capo di Reggio Emilia – e anche qualche elemento peculiare già consentono di formulare una probabilità di identificazione, ma la prova regina rimane quella del Dna…”.

Oltre al corpo e alla cavigliera che la ragazza portava per una slogatura contratta prima della scomparsa sono stati rinvenuti frammenti dei vestiti indossati dalla vittima dunque che si tratti di Saman non ci dovrebbero essere dubbi. La salma della ragazza, vestita per come abbiamo detto, si trovava in posizione supina, rannicchiata e interrata, e cosi è rimasta per un anno e mezzo ad un tiro di schioppo da casa. Intorno alla buca sono stati repertati dal Ris di Parma un mozzicone di sigaretta, pezzi di tessuto e due bottiglie che potrebbero nascondere altri particolari assai interessanti.

Sarà estremamente difficile smantellare, da parte degli avvocati difensori, il solido castello accusatorio messo su dalla Procura emiliana. Il Pm Laura Galli ed i carabinieri sono convinti che la sera del 30 aprile 2021 Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, genitori della vittima, avrebbero fatto credere alla figlia di potersene andare liberamente dal suo fidanzato per inseguire il suo sogno d’amore. Invece di accompagnarla alla stazione ferroviaria l’avrebbero portata incontro alla morte.

Le attività di recupero della salma

Con un sotterfugio si sarebbero fatti seguire sul luogo dell’appuntamento, per meglio dire dell’agguato, dove ad attenderla c’erano lo zio Danish Hasnain ed i cugini Noumanoulaq Noumanoulaq e Ikram Ijaz, i quali l’avrebbero immobilizzata, strangolata e nascosta sottoterra nel casolare pericolante. Una traccia di Dna attribuibile a Saman sarebbe stata trovata nel giubbotto di pelle che indossava Danish la sera del delitto. Forse si tratta di saliva della ragazza che, trascinata a spalla dallo zio, avrebbe imbrattato il suo indumento prima o dopo l’omicidio. Insomma un piano criminale, studiato a tavolino, nel quale avrebbe partecipato tutta la famiglia, ad esclusione del fratello di Saman.

Una morte orrenda come punizione per essersi ribellata ai dettami religiosi e familiari che la volevano segregata in casa, schiava e sposa di un parente, osservante nel vestire gli abiti tradizionali cosi come in uso ad altre donne pakistane. Saman ha pagato con la vita la sua libertà. Il Comune di Novellara ha conferito alla vittima la cittadinanza onoraria.

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