ROMA – UNA MANCIATA DI GIORNI PER UN ATTO DI CORAGGIO: IL REFERENDUM SARA’ UNA SORPRESA

L'accorpamento di elezioni regionali, amministrative, suppletive e referendarie è stata non solo una scelta infelice ma senza senso. A meno che non si volesse provocare la solita confusione per beffare gli italiani. Operazione riuscita.

RomaConto alla rovescia per il primo appuntamento elettorale italiano dopo il lock-down. In due giornate si voterà per il rinnovo di sette consigli regionali e per le amministrative in quasi 1.200 comuni oltre che per il referendum costituzionale e, per non farci mancare nulla, anche per le suppletive del Senato della Repubblica in Veneto e Sardegna. Ormai siamo agli sgoccioli per l’election day di domenica 20 e lunedì 21 settembre 2020. Consultazioni, nell’insieme, che si sono rese necessarie a causa dell’emergenza pandemica.

Infatti le diverse consultazioni previste inizialmente per la primavera sono slittate rendendo necessario l’accorpamento. Gli italiani saranno così chiamati ad esprimersi per confermare o meno l’approvazione della riforma sul taglio dei parlamentari, che prevede una sforbiciata di 115 senatori e 230 deputati. In aggiunta alle elezioni regionali si voterà per eleggere consiglieri e sindaci anche in grandi città come Venezia, Reggio Calabria, Arezzo, Trento e Bolzano. Test decisivi alle regionali in Toscana, Puglia, Liguria, Campania. La propaganda elettorale è ormai iniziata da tempo ma sono poche le vere informazioni degne di rilievo.

Solo spot che non fanno altro che alimentare l’astensione, già piuttosto marcata fra la gente esausta e scontenta di un Paese che arranca per andare avanti. La scelta di includere il referendum costituzionale nell’election day di regionali e amministrative è stata una scelta infelice, a giudizio del costituzionalista Michele Ainis. Ma si avrà molto tempo per parlarne, nel bene e nel male. La resa dei conti è iniziata anzitempo. Si parla così di rimpasto nella maggioranza e di elezioni politiche a tutti i costi nell’area dell’opposizione. Effettivamente una sostituzione delle “cinghie di trasmissione” per il motore della macchina governativa appare opportuna. Il mezzo non va più e ad ogni tagliando i guasti non si contano.

Andrea Orlando

Il vice segretario del Pd, Andrea Orlando, ritiene che il confronto non è solo ragionevole ma necessario, a prescindere dalla riforma istituzionale. Senza però che si concentri la discussione solo sulla sostituzione di questo o di quel ministro ma di aprire una fase nuova. Ci troviamo, continua l’ex Ministro della Giustizia, nella situazione di spendere 209 miliardi in un Paese che da molto tempo opera tagli senza mettere in campo alcuna progettualità. L’attacco è partito ed è forte, dirompente. Comunque stiano le cose e nonostante le esortazioni di Zingaretti a non litigare più adesso vedremo che cosa accadrà con il referendum. Nell’ottobre del 2019 tutti i partiti votarono Si alla riforma, oggi molti sono per il Ni e moltissimi per il No, anche fra quelli che l’avevano proposta.

Il dibattito sul taglio dei parlamentari è ormai incontenibile. Solo oggi si urla che è un affare da populisti, che è una battaglia storica della sinistra, di quelle dei tempi di Nilde Iotti o ancora una bandiera della destra. Ce n’è per tutti i gusti. Come la bufala, ormai famosa, che vedrebbe fuori dalle balle il governo se vincesse il No e più forte il premier Conte se vincesse il Si. Roba da matti.

Nilde Iotti

In ogni caso una buona scossa verso le urne accontenterebbe tutti gli schieramenti. La partita è importante ma le previsioni sono nebulose. E lo saranno sino all’ultimo minuto, tanto per ingenerare confusione. Votano Si: Di Maio, Meloni, Salvini, Zingaretti. Votano No: Bonino, Giorgetti, Calenda, Grasso, Tajani. Lasciano libertà di scelta sia Berlusconi che Renzi. Ma sarà proprio cosi? L’arbitro perplesso manda tutti negli spogliatoi. Che partita del cavolo. 

 

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