ROMA – SERVITORI E NON SERVI: MINCHIA SIGNOR TENENTE…

Un lavoro che sta diventando impossibile: difficile, malpagato, non rispettato e perennemente a rischio della propria vita. Il governo sembra sfuggire qualsiasi ragionevole approccio su un problema non più differibile.

RomaLe divise scendono in piazza contro aggressioni, dileggio e insulti. Clamorosa manifestazione di protesta ieri in piazza del Popolo. I sindacati della Polizia di Stato – sindacato autonomo di polizia (Sap) e Libertà e Sicurezza (Les) – polizia penitenziaria (Sappe), Sim della Guardia di Finanza e dei carabinieri e il Conapo dei vigili del Fuoco, hanno chiesto tutele e garanzie istituzionali, retribuzioni dignitose, ripianamento degli organici, libertà sindacali, body-cam e taser.

Alla base di tutto regna sovrano un sistema che avvantaggia più i delinquenti che non gli operatori della sicurezza che subiscono quotidianamente vessazioni e violenze. I dati statistici parlano chiaro: un ferito in uniforme ogni tre ore, per una media di otto aggressioni al giorno, più di 235 al mese e da gennaio 951 agenti in ospedale. Ad appoggiarli leader politici e parlamentari, soprattutto dell’opposizione, oltre all’ex ministra della Difesa Elisabetta Trenta.

Da mesi le forze dell’Ordine chiedono un confronto con i responsabili della sicurezza del Paese i quali, purtroppo, si sono sempre sottratti a questo ormai indifferibile appuntamento.”… Il presidente del Consiglio e il ministro dell’Interno ci avevano garantito l’apertura di un tavolo sui nuovi protocolli e tutele legali. Nulla è stato fatto …”, hanno denunciato i sindacati.

La scelta di scendere in piazza è scaturita dalla necessità di ottenere maggiore attenzione da parte di un governo che, in pieno lockdown, esaltava l’operato degli operatori della sicurezza e che oggi, invece, sembra diventato sordo alle richieste di un intervento concreto: “…E’ anche una questione di rispetto per l’uniforme che indossano donne e uomini che sono chiamati a tutelare la nostra sicurezza…”, ha dichiarato Antonio Tajani di Forza Italia mentre il leader del Carroccio Matteo Salvini ha rincarato la dose come suo solito: “…Aumentano le aggressioni e il governo come risponde? Smonta i decreti sicurezza che davano più fondi, più sostegno e più tutela ai cittadini, ai sindaci e alle forze dell’ordine (…) I miei mesi da ministro della Pubblica Sicurezza sono stati tra i più belli dei miei 47 anni di vita e vi prometto che non vedo l’ora di tornare a prendere per mano questo Paese per restituire la dignità alle donne e agli uomini in divisa. Conto i giorni…”.

I giorni si potrebbero contare anche impiegandoli nel fare una ferma e più agguerrita opposizione. Ma tant’è. Poi c’è stata la triste conta delle vittime che non si ferma: Vincenzo Carlo Di Gennaro, maresciallo dei carabinieri morto l’anno scorso, gli otto agenti di polizia feriti nel gennaio 2019 negli scontri con i tifosi laziali, l’assistente capo Fabio Baratella e l’agente della Stradale Angelo Gabriele Spadaro morti sempre nello stesso periodo in incidenti stradali durante il servizio e il vicebrigadiere Mario Circiello Rega, tragicamente ucciso nella capitale nella notte tra il 25 e il 26 luglio 2019.

Ma sono solo alcuni nomi tra i tanti servitori dello Stato caduti per il dovere. Sapere esattamente quanti siano gli agenti caduti mentre svolgevano il loro lavoro non è affatto facile. Nella tabella riguardante le cosiddette ”vittime del dovere” pubblicata dal ministero dell’Interno, viene raccolto il numero di caduti o feriti ai quali lo Stato, con la legge 466 del 1980, ha stabilito la corresponsione di un’indennità.

Come riportato dal sito del Viminale, rientrano in questo gruppo gli operatori di polizia e altri dipendenti pubblici deceduti o che, comunque, abbiano subito un’invalidità permanente durante il servizio. E’ doveroso specificare che, però, non tutti i caduti delle forze dell’ordine vengono menzionati se i familiari non presentano una richiesta di risarcimento: l’agente deceduto non viene incluso tra le ”vittime del dovere” riportate dal ministero dell’Interno.

Aggiungiamo che la domanda non viene automaticamente accettata e che è il Dipartimento della Pubblica Sicurezza che stabilisce chi abbia il diritto ad entrare a far parte delle vittime morte in servizio, definendo anche l’ammontare di indennizzo spettante.

Esistono comunque fonti non ufficiali che raccolgono i dati in modo sistematico, come ad esempio la pagina web Cadutipoliziadistato.it che, creata da alcuni poliziotti e che si serve di fonti accreditate e segnalazioni degli utenti per indicare il numero dei caduti della Polizia di Stato a partire dal diciannovesimo secolo.

Altri sodalizi registrano numeri diversi come l’Associazione Sostenitori Amici Polizia Stradale (Asaps) fondata nel 1991, che però tiene conto solo delle morti avvenute a causa di incidenti stradali e non degli agenti vittime di omicidi. Il problema delle morti in servizio può essere collegato anche al fenomeno dei suicidi, fenomeno sottovalutato ormai da troppi anni.

I dati sono preoccupanti: 43 suicidi dall’inizio dell’anno ad oggi tra le forze di polizia, nel 2019 erano stati 69, tanto che il Siap (Sindacato Italiano Appartenenti Polizia) sta portando avanti una difficile battaglia per il riconoscimento dello stress da lavoro correlato nella Polizia di Stato. L’emergenza è tale che, nel febbraio 2019, il Viminale ha istituito l’Osservatorio permanente interforze sul fenomeno suicidario tra gli appartenenti alle Forze di Polizia.

Qualora la situazione non dovesse cambiare le uniformi scenderanno ancora in piazza nella speranza che il governo possa accogliere prima le loro istanze. Più frutta di cosi. 

 

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