La partita si giocherà in Africa. Più esattamente in Libia e in Tunisia, L'Europa sa perfettamente che la questione migranti dovrà essere condivisa se intendiamo risolverla. C'è però chi gioca sporco a allora la situazione diventerà presto una bomba pronta ad esplodere.
Roma – Gli attuali flussi mumigratori e l’ombra terribile del terrorismo rendono tutto più complesso. Infatti genera confusione ed è fuorviante pensare che il problema dell’immigrazione si risolva con la sola redistribuzione dei profughi all’interno dell’Unione Europea. Innanzitutto dobbiamo abituarci, con buona pace per tutti, a convivere con gli immigrati che hanno scelto di integrarsi nel nostro Bel Paese osservando le nostre leggi. Il delinquente, invece, dovrà essere assicurato alle “patrie galere“ ovvero rispedito nel Paese d’origine dove sconterà la pena.
La partita, di contro, si gioca in Africa ed è in quel Continente che vanno governati i flussi, più che mai adesso, con il Covid che incalza. Dello stesso avviso sembra essere Marco Minniti, già a capo del Viminale sino al giugno del 2018:
“…Da ministro, senza pandemia, ho fatto con fatica – afferma Minniti – undicimila ricollocamenti in Europa ed allora erano obbligatori. Adesso c’è il Coronavirus e dall’estate 2018 la redistribuzione è su base volontaria. E’ chiaro che non può essere una soluzione al problema. Siamo giunti ad un passaggio cruciale perché le democrazie nel mondo sono tutte apertamente sfidate nella loro essenza e nella loro sovranità. L’Unione non può sottovalutare le mosse di Erdogan e Putin. Se lo farà l’intera Unione rischia il declino…”
L’onda delle discriminazioni, però, nei confronti del “migrante-brutto-sporco-cattivo” non risparmia nessuno, men che meno l’Italia. Infatti le diversità molto spesso spaventano ed i dati ne confermano lo sconfortante aumento. Spesso sono l’etnia e la razza. Altre volte la religione o la nazionalità. Altre ancora la disabilità o l’identità di genere. Ma al di là del problema, che rimane squisitamente culturale, non si può essere indifferenti o tolleranti davanti alle minacce terroristiche che possono provenire, soprattutto, dalla Libia, la quale è storicamente una potenziale piattaforma di attacco.
Teniamo presente che fino a pochi anni fa l’intero golfo della “Sirte“, città compresa, era in mano all’Isis. Oggi in Tripolitania ci sono 2.500 combattenti turco-siriani di formazione jihadista. Senza considerare, secondo indiscrezioni accreditate, che Erdogan avrebbe concesso il passaporto turco ai guerriglieri di Hamas. Fatto gravissimo, se confermato ufficialmente, considerando che Ankara è nella Nato. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio dovrebbe muoversi tenendo conto della situazione bollente che insiste in Libia ed in tutta la Tunisia. Fino a quando l’Unione Europea, spinta dall’Italia adeguatamente, non comprenderà che il problema dei flussi migratori è una difficoltà comune da condividere, si otterrà ben poco e la situazione continuerà a peggiorare sino a sfuggire di mano. Come in parte è già accaduto.
Ma a volte è proprio vero: non c’è più sordo di chi non vuole sentire. E l’Europa è affetta da ipoacusia cronica bilaterale, quando si parla di migranti. Seconda cosa: si deve uscire dal rimpallo quotidiano delle accuse. L’Italia è tra i fondatori della UE e la deve smettere di sentirsi il fratello malato del vecchio Continente. Il nostro Paese ha rinunciato al ruolo di protagonista vestendo quello, sempre più umiliante, dell’accattone invocando aiuti economici e sostegni. Magari cedendo pure a qualche ricatto.
L’Europa deve comprendere che, in questo momento, urge risolvere l’incognita magrebina che riguarda la Libia. Sirte deve diventare città aperta. Affinché l’area metropolitana ed il suo martoriato golfo diventino la nuova linea di confine tra la zona di influenza turco-quatariana e quella russo-egiziana. Se la volontà, anche internazionale, è quella di raggiungere questo obiettivo la Libia dovrà indire, nel marzo del 2021, libere elezioni democratiche. Soltanto cosi una parte della questione immigrazione potrà essere risolta. Poi toccherà alla Tunisia e agli altri Paesi della Quarta Sponda. Non sono praticabili ulteriori dilazioni. La situazione è da allarme rosso.
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