La presunzione d'innocenza è sacra ma quella proposta "blasfema" a carico dei contribuenti contro le "tentazioni" romane dei parlamentari poteva risparmiarsela. Cesa rigetta al mittente tutte le accuse.
Roma – “Totalmente estraneo alle accuse”. Così si dichiara Lorenzo Cesa, segretario dell’Udc dal 2005. L’altro ieri Cesa si è dimesso dai vertici del partito dopo che la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, coordinata da Nicola Gratteri, si è presentata presso la sua abitazione romana contestandogli di aver agevolato le attività delle associazioni mafiose.
L’inchiesta parla di concorso esterno in associazione mafiosa e rappresenta solo una parte della maxi operazione che coinvolge tutta l’Italia, guidata dagli uomini della Dia di Maurizio Vallone: finora ci sono stati 13 arresti e 45 domiciliari, tra imprenditori, boss, politici e membri della ‘ndrangheta.
Un fatto che riguarda appalti truccati in cambio di voti, con movimenti di denaro illegali per una cifra accertata di 300 milioni di euro.
Insieme a Cesa finisce nell’occhio del ciclone anche il compagno di partito Francesco Talarico, assessore al Bilancio, finito ai domiciliari.
Un avviso di garanzia quello ricevuto da Cesa per fatti risalenti al 2017 dai quali lui si dissocia completamente: “…Chiederò attraverso i miei legali di essere ascoltato quanto prima dalla procura competente – ha detto l’ex democristiano – Come sempre ho piena e totale fiducia nei confronti dell’operato della magistratura. E data la particolare fase in cui vive il nostro Paese rassegno le mie dimissioni da segretario nazionale con effetto immediato…”.
Cesa, 69 anni, non è esattamente estraneo a situazioni simili: quella attuale è infatti la quarta inchiesta a cui è sottoposto.
La prima risale al 1992, per abuso d’ufficio al Comune di Roma, accusa dalla quale venne poi assolto. Si trattava di presunti illeciti riguardanti un finanziamento per il censimento del patrimonio immobiliare romano, per il quale furono stanziati 90 miliardi di lire.
Nel 1993 fu accusato di concussione e processato per una tangente per conto di Giovanni Prandini, allora ministro dei Lavori Pubblici. Dopo due giorni di latitanza in seguito all’ordinanza di arresto si presentò spontaneamente al pubblico ministero.
Condannato in primo grado nel 2001 a 3 anni e 3 mesi di reclusione per corruzione aggravata. La sentenza era stata poi annullata dalla Corte d’Appello per incompatibilità del Gip.
Segue l’indagine Poseidone, anno 2006. Questa volta si parla di una truffa da 5 miliardi di lire ai danni dell’Unione Europea tramite la Spb Optical Disk Srl, una società inesistente. Coinvolti nel fattaccio anche il dirigente Anas Giambattista Papello e Fabio Schettini, allora capo segreteria del commissario europeo in carica, Franco Frattini.
Nel 2010, per ordine del Gip, a Cesa furono sequestrati beni per un valore di un milione di euro. L’anno successivo le accuse nei confronti di Cesa venivano ufficialmente archiviate.
“…Gli elementi a carico, pur rivestendo la qualità di indizi, non assurgono al rango della gravità, precisione e concordanza tali da provare il di lui possibile coinvolgimento nei fatti di cui all’imputazione, rendendo in tal modo infausta la prognosi di condanna in un’eventuale sede dibattimentale” . Parole del Gip di Roma Rosalba Liso.
Poi c’è il passato da europarlamentare fino al 2006 e quello da onorevole fino al 2014. Cesa viene ricordato anche per la bizzarra proposta volta ad istituire un’indennità parlamentare (come se non ce ne fossero a sufficienza) contro le tentazioni.
Si trattava di permettere alle famiglie dei parlamentari di trasferirsi a Roma beneficiando di un contributo finanziario. Tanto paga sempre pantalone.
Probabilmente una delle più grandi fesserie mai proposte nell’intera storia repubblicana, considerando che la brillante sortita nacque in seguito alla vicenda di Cosimo Mele, deputato coinvolto in un affare di prostitute.
Cesa vanta varie esperienze elettorali non proprio riuscite, per non dire veri e propri flop, tra il 2018 e il 2019: alle Politiche si candida nel collegio di Nola, ma si ritrova relegato tra i non eletti. Stesso scenario alle Europee: nonostante l’accordo con Silvio Berlusconi il segretario Udc si ritrova di nuovo fuori, con 42.229 preferenze.
Insomma, insuccessi politici, ma tante comparsate davanti ai giudici. Nulla di più.
Solo due giorni fa Cesa, corteggiato dai 5 Stelle ormai disperati e in cerca di voti (possiamo archiviare quindi anche lo slogan pentastellato “mai con gli indagati”) dichiarava che non avrebbe votato la fiducia a Conte: “…noi non ci prestiamo a questi giochi di palazzo”. Vero, ne preferiscono altri.
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