La storia si ripete. Proprio come anticipava Giuseppe Tomasi di Lampedusa nel suo straordinario Gattopardo: Questo è un Paese dove si cambia tutto per far rimanere le cose cosi come stanno. Mala tempora currunt.
Roma – Molto complicato prendere il mare nelle agitate acque della politica italiana. Nemmeno un capitano di lungo corso saprebbe indirizzare il proprio vascello nella giusta rotta. Siamo prossimi al referendum del 20/21 settembre per la riduzione del numero dei parlamentari. Non c’è bisogno di raggiungere il quorum, è confermativo, il più comodo di tutti. In Parlamento si sentono rumori di fondo, scricchiolii da cui traspaiono titubanze e tentennamenti.
Chi era convinto per il sì, ora comincia ad avere dei dubbi. La paura della mancata rielezione, atteso l’inferiore numero dei rappresentanti, ha indotto molti a farsi due calcoli. D’altronde un gran numero di onorevoli dovrebbe recarsi scalzo a Lourdes per grazia ricevuta ovvero la fortuna di aver potuto stravaccare le proprie natiche sugli scranni di Camera e Senato.
Nella vita civile non avrebbero saputo fare una beata mazza. Cosa dovremmo aspettarci da una classe politica ben rappresentata da Giuseppe Tomasi di Lampedusa che ne “Il Gattopardo” fa pronunciare la famosa frase al principe Tancredi: “Se non ci siamo anche noi, quelli ti cambiano la repubblica in quattro e quattr’otto. Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”?
Da ieri è entrato in vigore l’ennesimo DPCM valido sino al 30 settembre. Non ci sono nuove restrizioni, né alcun lockdown generalizzato. Ribadito il no all’apertura degli stadi in occasione dell’inizio del campionato di serie A, il 19 settembre. Le Regioni ed i club, invece, avrebbero preferito un’apertura anche parziale che invece non c’è stata. E con la quale si poteva prospettare uno scenario di questo tipo: un assembramento corposo per la presenza di molti addetti al controllo per il rispetto della distanza sociale. Dunque: forte rischio di creare assembramenti nel tentativo di evitarli.
Tensione tra No Tav e forze dell’ordine. Gli attivisti hanno tentato il taglio del filo spinato, di abbattere recinzioni e jersey. Hanno lanciato, inoltre, bombe carta, petardi e pietre all’interno dell’area del cantiere. La polizia ha risposto con idranti e lacrimogeni. Senza entrare nell’annosa polemica tra i Pro e i No Tav, i fatti sono questi: la costruzione dell’opera va avanti, i No Tav protestano acciaccati, la polizia li disperde.
I lavori vanno avanti ed il film si ripete, fino al suo epilogo: la mega opera sarà completata non si sa bene ancora quando. Di sicuro sarà servita a rimpinguare le casse delle grandi imprese costruttrici, a danneggiare il territorio, ad essere inutile per lo scopo per cui è stata ideata, ovvero il trasporto di merci e persone sul tratto ferroviario Torino-Lione. “E’ la democrazia, bellezza”.
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