Orma il il partito di Grillo è l'esatto opposto del movimento di opinione popolare che era in origine. All'epoca di Craxi e Andreotti avrebbe fatto furore: se i grillini fossero stati al loro livello.
Roma – I grillini non reggono l’ondata d’urto delle critiche. Ormai si spera che tutto finisca presto. Così Dibba, alias Alessandro Di Battista, con la rete dei suoi fedelissimi non arretrano sull‘ipotesi scissione. Il M5S è sceso dal 33 al 15% dei consensi pertanto appare evidente che “saluteranno il partito se saranno rifiutate le condizioni poste dal gruppo dei ribelli” afferma un deputato in palese crisi di nervi e che vuole mantenere l’anonimato.
Vito Crimi in apertura dell’assise ha esordito cercando di tracciare un percorso che avesse un’origine e una fine: “…Ogni fase di cambiamento è difficile ma è necessaria per crescere, evolvere e innovare – ha detto il capo politico dei pentastellati – questi stati generali sono il momento nel quale compiamo un grande passo in avanti e accettiamo le nuove sfide per il futuro con l’orgoglio della nostra identità scrivendo insieme l’agenda per il Paese. Perché scegliere cosa vogliamo essere vuol dire scegliere cosa sarà l’Italia…”.
Ma i buoni intenti e la linea mediana percorsa da Crimi contrasta con i diktat di Di Battista che sembrano un chiaro prendere o lasciare. La verità è che non si sono mai superate le nette divergenze tra le diverse anime (un tempo si chiamavano correnti) del movimento fatto partito. E che partito.
Infatti ciò che prima veniva definito un arricchimento per tutti, adesso si è rivelato uno scoglio insuperabile. Pertanto appare normale ritenere che la scissione ci sarà e che tutti i “fuoriusciti”, nell’oblio dell’ordinarietà e dopo un brevissimo stallo nel Gruppo Misto, sceglieranno le poltrone che più gli aggradano. Per esempio quelle di Italia Viva?
Tanti i segnali che lasciano intendere come e quando l’ex deputato grillino Di Battista intende tornare in campo a livello nazionale. Il leader dei “dissidenti” ha sempre negato pubblicamente di volere incarichi ma nei fatti il suo atteggiamento fa pensare proprio il contrario.
Capita di leggere espressioni di profonda delusione ed amarezza, di attese non soddisfatte, di tradimenti e gravi responsabilità, per ciò che è stato fatto e per quanto non ancora realizzato. E’ il gioco della vita, specie di quella politica. Purtroppo la percezione in questo campo è importante, più dei risultati.
Basta osservare Matteo Salvini. Il “capitano” promette di tutto senza in effetti risolvere nulla. L’impressione, però, è quella opposta grazie alla sua esperienza e alla strategia di comunicazione che lo vede impegnarsi a sviluppare idee e comprendere le esigenze e le sofferenze dei cittadini. Macché.
Tanti gli stati d’animo che agitano “ribelli e governativi” orientati verso direzioni opposte. Così emergono i più reconditi sentimenti come affettuose cattiverie, recriminazioni, denigrazioni fino a veri e propri insulti. Durante lo svolgimento del congresso grillino, e nelle precedenti riunioni preparatorie, dai tratti del volto di molti partecipanti si è notata tensione e frustrazione, molto spesso, ingiustificata.
D’altronde non si può pretendere che i rappresentanti, delegati dal voto, stravolgano d’un tratto un “sistema” consolidato da anni e irrobustito da gruppi di potere di ogni genere, e che lo stesso movimento ha alimentato, anche involontariamente.
Nel suo intervento agli stati generali Alessandro Di Battista ha ripreso solo alcuni dei suoi amati cavalli di battaglia, svolgendo così il ruolo che da tempo si è assegnato, con scarso riconoscimento da parte dei compagni di strada, di tutore di quella purezza originale che è solo un ricordo scomodo. Nei panni, meno comodi, di pungolo verso un gruppo dirigente ormai ben sistemato al governo Dibba emerge meno. Anzi.
I nodi più importanti da risolvere all’ordine del giorno non sono tanti. Anzi diremmo solo un paio: doppio mandato e correre da soli alle prossime elezioni. E chi li seguirebbe in tandem? Insomma ritornare ai tempi che furono è impossibile.
Il mantra di partenza è ormai obsoleto e paradossale. Per fare breccia sui disorientati e “traditi” ci vuole ben altro che una promessa solenne di ritorno alle origini quando chi si è seduto sulla poltrona ha usato l’Attack per rimanerci attaccato.
L’entusiasmo si infonde fissando nuovi obiettivi e non recuperando antichi progetti, per altro tristemente naufragati per la bramosia di potere di certi lugubri personaggi che farebbero arrossire i protagonisti della Prima Repubblica. Si è chiuso il sipario con un solo protagonista. A bientôt.
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