Gli italiani si aspettano un segnale forte dal governo o, per lo meno, l’attuazione del programma elettorale con il quale Giorgia Meloni ha convinto il suo congruo elettorato. Dalle parole si dovrebbe passare ai fatti in breve tempo onde costringere l’Europa a dividere in parti uguali oneri e onori.
Roma – La preoccupazione per le persone vulnerabili costrette da varie circostanze a lasciare la loro casa e cercare rifugio altrove dovrebbe essere al centro delle attività di governo. Invece regna sovrana più la voglia di protezione interna di uno Stato che il desiderio di accoglienza ed integrazione con altre culture. La percezione che si ricava da certe politiche non è certamente incoraggiante. In ogni caso, come ha affermato il Pontefice, quello delle migrazioni è un problema dell’Europa. Ma i Paesi membri non si mettono d’accordo e non perdono occasione per lasciare Il Bel Paese da solo. Come sempre.
Per Italia, Cipro, Malta, Grecia e Spagna non è facile. Sono loro che devono riceverli perché sono i primi porti più vicini alla cosiddetta Quinta Sponda ma poi l’Europa deve farsene carico. Ed è proprio a questo punto che sorgono i problemi. Basti ricordare come la Francia ha risposto all’Italia. Certamente a causa di un difetto di comunicazione, ma non solo. Insomma l’Europa deve progredire con i diritti umani per eliminare la “cultura dello scarto”. Ciò che è necessario è un cambio di visione politica e strategica a tutti i livelli, anche dell’opinione pubblica sempre più anestetizzata al gigantesco fenomeno a cui sembra si sia fatta l’abitudine. Le ingenti risorse stanziate per questi accordi vengano destinate all’accoglienza, integrazione e cooperazione, uniche vie possibili per gestire le migrazioni in maniera sicura, legale e a beneficio di tutti.
Padre Camillo Ripamonti, presidente della sezione italiana del Centro Astalli, si è espresso chiaramente: “Ormai sono anni che vediamo i tragici effetti degli accordi con Libia e Turchia, morti in mare, violenze e abusi ai danni dei migranti. Gestire il fenomeno migratorio non può voler dire bloccare i migranti in Paesi terzi, esternalizzando le frontiere. Il notevole ridimensionamento degli arrivi frutto di questi accordi ha comportato un costo altissimo in termini di vite umane e di sofferenza per migliaia di persone che non consideriamo a sufficienza, in un pragmatismo a tratti poco umano. Si tratta di esseri umani che noi, Europa, consideriamo sacrificabili“.
In ogni caso la gestione del fenomeno migratorio passerà attraverso il decreto flussi al quale il Viminale sta lavorando. Con una doppia chiave: la prima è quella di corridoi umanitari per le persone vulnerabili, la seconda gli ingressi di lavoratori misurati in base alle esigenze delle imprese italiane.
“Dobbiamo creare percorsi legali di ingresso per i Paesi che collaborano alla prevenzione delle partenze illegali e ai rimpatri – ha spiegato il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi – con un meccanismo premiale a favore dei Paesi più impegnati nel contrasto all’immigrazione illegale”.
La quota di ingresso regolare in Italia del 2022, varato dal governo Draghi, prevedeva una quota massima di 69.700 lavoratori non comunitari subordinati, stagionali e non stagionali e di lavoratori autonomi. Numeri raddoppiati rispetto all’anno precedente. A giugno l’allora ministro dell’Interno Lamorgese annunciò per il decreto flussi 2023 “oltre 70 mila posti” e questo, spiegò, perché manca personale in alcuni settori specifici. Nel frattempo la corsa del governo Draghi si è interrotta e spetta ora al suo successore gestire il dossier.