RIMINI – POLEMICHE SULLA DOCUSERIE NETFLIX “SANPA – LUCI E TENEBRE DI SAN PATRIGNANO”

Le presunte verità nascoste su San Patrignano non sono saltate fuori, nemmeno docuserie Netflix è riuscita nell'intento. La Fondazione ha avuto da ridire sul documentario dissociandosi da quanto raccontato nelle interviste.

Rimini – Lo scorso 30 dicembre è uscita on line la prima docu-serie originale italiana Netflix, intitolata “SanPa – Luci e tenebre di San Patrignano”. Si tratta di un documentario in sei puntante dedicata alla storia della più grande comunità in Europa per tossicodipendenti.

La narrazione ripercorre quindi le vicende legate a questo luogo dalla fondazione nel novembre del 1978 alla morte dell’ideatore Vincenzo Muccioli nel settembre del 1995. Nel mezzo vengono raccontate le scommesse, i successi, le contraddizioni e infine i due processi nei quali l’uomo fu implicato per eventi accaduti proprio all’interno della struttura di San Patrignano.

Vincenzo Muccioli

Il primo procedimento ha inizio col rinvio a giudizio il 10 dicembre 1983. L’accusa di maltrattamenti segue la denuncia da parte di una ragazza che dopo essere fuggita dal centro denunciava Muccioli per segregazione. In questi anni l’idea che il trattamento terapeutico preveda l’incatenamento dei pazienti in crisi d’astinenza non sembra scioccare l’opinione pubblica, la quale anzi rimane colpita dalla sicurezza con cui l’imprenditore riminese difende i propri metodi coercitivi perché utili allo scopo. Il processo si conclude con una sentenza di colpevolezza nel 1985, poi ribaltata in Appello due anni più tardi.

Andreotti con Muccioli

Intanto la popolarità di Muccioli esplode: lo si vede praticamente ogni sera in televisione. L’appoggio finanziario e mediatico di Gian Marco e Letizia Moratti, poi, ne affina la strumentalizzazione. Molti leader politici, da Giulio Andreotti a Bettino Craxi, visitano San Patrignano sperando di farne un’arma elettorale.

Negli anni ottanta l’abuso di stupefacenti è una questione tragica. La stampa spreca elogi alla missione ma scarseggiano le inchieste per le strade. L’intero discorso viene affrontato più su un piano morale anziché medico, e anche per questo motivo si giunge impreparati alla successiva tappa: la diffusione dell’Aids.

In tempi più recenti Andrea Muccioli  con Angelino Alfano

Muccioli deve improvvisamente affrontare non solo la crescita della comunità – che a questo punto è diventata una cittadina di oltre 3000 abitanti – ma soprattutto l’aggravarsi di un’emergenza sanitaria senza precedenti. Verso la fine degli anni Ottanta lo spettro dell’HIV infesta San Patrignano e comincia a mietere vittime.

La morte del primo accertato positivo, Renzo Perco, cade come un macigno su tutti e su Muccioli in particolare. Renzo è tra i ragazzi più vicini al fondatore che fin dall’inizio aveva costruito la comunità con spirito del padre di famiglia, accettando le ambiguità del caso, e con una struttura sociale quasi settaria. 

Il secondo processo, nel 1994, si svolge addirittura su due capi d’imputazione: omicidio colposo e favoreggiamento personale. Gli atti si riferiscono alla morte per percosse di Roberto Maranzano, ospite affidato alla zona macelleria del centro e pestato a morte da un gruppo che viene definito “squadrista”.

Muccioli con i suoi ragazzi

In breve, Muccioli avrebbe col tempo affidato ad alcuni giovani collaboratori il servizio d’ordine all’interno della comunità e questa composizione di body-guard si sarebbe poi sviluppata in atteggiamenti intimidatori e politiche repressive. Le immediate accuse dell’ex autista Walter Delogu alimentano il clima di tensione.

Vincenzo Muccioli non ha mai ricevuto una sentenza definitiva per il processo Maranzano perché la sua morte ha estinto ogni procedimento penale nei suoi confronti. Oggi, due decenni dopo, la docuserie Netflix interroga alcuni protagonisti di questa vicenda e ne raccoglie le testimonianze.

Muccioli in comunità                                                                                                                           Ufficio Stampa San Patrignano

In seguito alla messa in onda, tuttavia, la Fondazione San Patrignano ha definito l’operazione parziale e sommaria, dissociandosi da ciò che viene raccontato, secondo loro, focalizzandosi sui detrattori. La replica della produzione non si è fatta attendere: «Non abbiamo voluto realizzare uno spot, ma un documentario che racconta una pagina della nostra storia». Al netto delle polemiche, l’impressione è che si sia ancora lontani dalla verità.

 

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