Stavolta non siamo soli nel ruolo di fanalino di coda. Con noi altre nazioni europee che, se non si daranno una mossa, sforeranno di molto la data del 2030 per ridurre le emissioni. Per tenere il passo con gli obiettivi UE é necessaria una notevole spinta e l’attuale governo sembra bene orientato. Si vedrà a breve.
Roma – L’Italia è in forte ritardo. La riduzione delle emissioni entro il 2030, almeno del 55%, è un obiettivo che l’Unione Europea si è prefissa di raggiungere al fine di rendere l’Europa neutra dal punto di vista climatico entro il 2050. Ma tra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare. Siamo, infatti, in notevole ritardo. Non solo l’Italia, che dei ritardi è diventata maestra, ma anche gli altri Stati europei non sono da meno. Si parla, per il Bel Paese, di 110 tonnellate di CO2 che mancano per raggiungere l’agognata meta. Ovvero solamente un risparmio di 44 milioni di tonnellate di CO2, un quarto del dovuto per la neutralità carbonica.
Il Politecnico di Milano, attraverso il team multidisciplinare Energy&Strategy della sua School of Management ha realizzato il report “Zero Carbon Policy Agenda” sui motivi del rallentamento della politica di decarbonizzazione, ma ha anche proposto degli interventi per aggiustare il tiro. Il primo aspetto che è emerso è stato la mancanza di trasversalità su sei aree che sono basilari: produzione di energia rinnovabile, adeguamento delle infrastrutture di rete, efficientamento energetico, mobilità sostenibile, configurazioni efficienti ed economia circolare.
Qualcosa è stato fatto, ma senza una visione sinergica, nonostante gli investimenti fatti: 17 miliardi nell’ultimo anno. E’ vero che dal 1990 ad oggi le emissioni di CO2 sono calate del 26%. Ma è un dato che non ci deve poi rallegrare più di tanto, perché in quegli anni si faceva quasi a gara a chi inquinava di più. Se guardiamo al nostro orticello risulta che il 47% delle emissioni di CO2 dipendono dai trasporti su strada e dalla produzione di energia.
Si è molto lontani, quindi dal raggiungimento dell’obiettivo, anche se sono previsti entro il 2030 interventi in ogni settore, grazie alle rinnovabili e alla crescita delle auto elettriche. Fatta la diagnosi, la terapia propone di identificare tre macro arre di intervento: “trasversalità” in modo da considerare la decarbonizzazione nella sua unitarietà, che è la pre-condizione per la transizione, completamento della normativa vigente e proposte per accelerare il processo.
E’ urgente, secondo gli autori del report, la predisposizione di un piano strategico in cui vengano fissati gli obiettivi, gli strumenti, le tecnologie e i sistemi di incentivazione e finanziamento. Inoltre, semplificare le autorizzazioni per l’installazione di impianti di energia rinnovabile ed aumentare la produzione di energia per idrogeno e biocarburanti. Infine, lo sviluppo della rete di trasmissione e distribuzione a favore dell’elettrificazione. Ed ancora ridurre le emissioni dell’energia primaria, legare l’accesso agli incentivi ai risultati ottenuti, promozione delle comunità energetiche e le filiere circolari.
Ora per portare a termine una strategia di questo tipo, abbiamo una classe politica all’altezza dell’ardua compito? Parrebbe senz’altro di no. Visto, soprattutto, che gli obiettivi e i problemi ampiamente discussi non erano presenti in nessun programma delle due coalizioni in campo. Se questi sono i presupposti, “mala tempora currunt”. Poveri noi!