Realpolitik, la solita bagarre?

La votazione finale del Decreto Aiuti boicottata dai pentastellati, ci si chiede come cambierà ora lo scacchiere politico. Draghi intanto va in visita dal Capo dello Stato e subito dopo dai sindacati.

Roma – Ormai il clima politico è da campagna elettorale, così i venti di crisi che soffiano da giorni sul governo spingono il premier a salire al Quirinale per un confronto con il capo dello Stato dopo che alla Camera si è consumato lo strappo annunciato del M5S, uscito dall’aula al momento del voto finale sul decreto Aiuti.

Tra i senatori pentastellati continua a prevalere la tentazione di non votare la fiducia in programma giovedì. Vedremo. Nel mentre Draghi ha incontrato i sindacati anche per verificare se c’è la volontà di trovare soluzioni ai problemi del lavoro e della perdita del potere d’acquisto.

Intanto l’affondo del centrodestra non si fa attendere, tanto che Berlusconi fa sentire la propria voce, affermando che “la decisione del M5s di uscire dall’Aula sul Dl Aiuti è gravissima e non potrà essere senza conseguenze”.

Per questo motivo l’ex premier, che convoca un vertice d’urgenza ad Arcore, aggiunge che è necessaria una verifica della tonicità della maggioranza al fine di comprendere quali forze politiche intendano sostenere il governo e non a fasi alterne e per tornaconti elettorali, ma per fare le riforme e tutelare gli interessi degli italiani.

La Lega è sulla stessa linea e ne approfitta per ribadire le proprie battaglie. Mentre Matteo Renzi ritiene che la linea adottata dai 5 stelle sia un tema da affrontare tutti insieme con il presidente del Consiglio. Il Pd continua, invece, a svolgere il ruolo di “pontiere” con un appello alla serietà e alla responsabilità.

Il vero nodo è che, a tutt’oggi, il M5s non ha ricevuto alcun segnale sulle priorità che Conte ha rassegnato a Draghi, nel colloquio della scorsa settimana. Lunedì in effetti si è consumato a Montecitorio ciò che era prevedibile avvenisse per il voto finale sul decreto Aiuti, d’altronde il M5s giovedì scorso aveva votato la fiducia al Governo, decidendo, però, di non partecipare alla votazione sul provvedimento.

Il testo, comunque, viene approvato con 266 sì e 47 no e ora passa al Senato, dove deve essere convertito in legge, pena la decadenza, entro questa settimana. Uno schiaffo al governo che Giuseppe Conte presenta come una decisione già chiara, perché c’è una questione di merito importante che era stata ampiamente anticipata, soprattutto per il via libera al termovalorizzatore di Roma.

Insomma una questione di coerenza e linearità, quindi nulla di nuovo. Ma il leader del M5s lascia in sospeso il passo successivo, al Senato, dove il voto è unico e il movimento non può quindi replicare la modalità seguita alla Camera.

Esito finale della votazioni sul Decreto Aiuti

Peraltro a Palazzo Madama i senatori sono per la linea dura. Una scelta non indifferente per la tenuta del governo. I grillini insistono sulla necessità che arrivi un’apertura del premier sul superbonus, sul salario minimo e sul cuneo fiscale. Proprio per affrontare gli ultimi due dossier a Palazzo Chigi si è recato anche il ministro del Lavoro Orlando. Un ulteriore segnale che il presidente del Consiglio è concentrato sui prossimi passaggi.

Ma l’eventuale mancata partecipazione del Movimento 5 stelle nel voto di giovedì, al di là delle decisioni del premier, aprirebbe in ogni caso una nuova fase, considerato che i numeri in Parlamento ci sono e che allo stesso tempo il premier nell’ultima conferenza stampa aveva chiuso alla eventualità di un Draghi bis.

La vicenda comincia a diventare pericolosa, in quanto l’esecutivo potrebbe andare avanti con i voti dei “dimaiani”, ma c’è il convincimento o l’auspicio che altri parlamentari possano staccarsi qualora il movimento decidesse di togliere l’appoggio all’esecutivo.

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