Quell’ansia di apparire felici a ogni costo: così la “sindrome della papera” colpisce ancora

E’ uno dei malesseri più diffusi nella nostra società e crea disturbi del sonno, difficoltà di concentrazione, cefalea, irritabilità e insofferenza fino a panico e depressione.

Roma – Sembra la versione contemporanea di un antico adagio partenopeo: “Se l’acqua è poca, la papera non galleggia”, che ben sintetizza le difficoltà di chi ha iniziato un progetto ma non riesce a portarlo a compimento a causa dell’assenza di condizione adeguate, che di fatto ne impediscono la realizzazione. La versione riveduta e corretta si riferisce a quelle persone che celano la loro ansia e malessere e fanno di tutto per apparire felici. L’espressione è stata coniata dall’Università di Stanford, California, USA per definire quegli studenti che pur stressati, affermano che va tutto bene.

La “sindrome della papera” non è, però, riconosciuta dalla Scienza e né esiste una diagnosi medica ad hoc. Tanto che nel manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, non viene riportata, ma la si può inserire nei disturbi provocati da ansia e stress. Chi ne è colpito all’apparenza sembra calmo e sereno, ma il fuoco cova sotto la cenere ed è pronto ad appiccarsi. E’ come la papera che scivola sull’acqua, ma sotto muove le zampe in maniera febbrile per restare a galla. Emerge, quindi, una persona che si mostra calma e tranquilla, ma in realtà sta compiendo una fatica immane per rispondere agli stimoli del lavoro, della vita di relazione e delle proprie ambizioni. Ad esserne più colpito è il genere femminile, che subisce maggiormente la condizione di essere sempre efficiente, anche per il carico di lavoro a cui è sottoposto, incombenze familiari e cura degli anziani, ad esempio.

Ci si mostra calmi e tranquilli, ma in realtà si sta compiendo una fatica immane per rispondere agli stimoli del lavoro, della vita di relazione e delle proprie ambizioni.

Secondo il Prof. Claudio Mencacci, noto psichiatra, nonché Presidente della Società Italiana di Neuropsicofarmacologia, questa sindrome nel lungo periodo può provocare disturbi del sonno, difficoltà di concentrazione, cefalea, disturbi somatici, irritabilità e insofferenza fino ad ansia con panico o depressione. E’ come stare in un circolo vizioso in cui non si sopporta più la fatica e si è incapaci di chiedere aiuto. Si vive con l’incubo di non riuscire a raggiungere il traguardo, di spegnersi lentamente come un lumicino, di non saper fare che il minimo indispensabile.

E un po’ il frutto del modello dominante, impostoci, soprattutto dagli anni ’80 del secolo scorso, quello cosiddetto della “Milano da bere”, in cui bisognava apparire impeccabili e efficienti come i manager dell’epoca, gli “yuppies”, quelli che curavano molto ogni aspetto della vita di relazione nell’intento di fare rapidamente carriera  Da allora gli individui si sono orientati con grinta e determinazione al successo personale, tralasciando altri aspetti della vita e pur di sembrare felici, hanno nascosto le loro paure e fragilità, finendo per indossare solo una maschera di efficientismo che, in realtà, è servita solo per celare intime e intense ansie.

Per le donne la sindrome si manifesta in disturbi alimentari, per gli uomini nell’abuso di alcool e sostanze stupefacenti

In questa particolare situazione, sempre secondo il Prof. Marcacci, la sindrome potrebbe tramutarsi in quella dell’“impostore”, ovvero si pensa di non meritare la considerazione dei ruoli occupati immeritatamente. Si potrebbe affrontare questo disturbo se le persone fossero condotte verso un processo educativo rivolto alle emozioni e sentimenti, per impararli a riconoscerli e capirli ed, in un secondo momento, consultare uno psichiatra competente Anche perché il prezzo da pagare per mantenere questa maschera di perfezione è molto salato. Per le donne si manifesta in disturbi alimentari, mentre per gli uomini nell’abuso di alcool e sostanze stupefacenti, con enormi costi individuali, familiari e sociali. Non pare che all’orizzonte ci sia una qualche idea di politica orientata ad un percorso di educazione ai sentimenti e alle emozioni. Forse perché mancano sia gli uni che le altre!

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