Una testimonianza riapre la questione della presunta morte del bandito e capopopolo siciliano, ufficialmente ucciso nel 1950, ma ricomparso negli Usa a fine anni Ottanta.
CASTELVETRANO (Trapani) – Salvatore Giuliano, 28 anni alla sua morte vera o presunta, è stato un brigante e terrorista italiano le cui maggiori attività devianti risalgono al primo dopoguerra. Il bandito, ancora oggi, viene annoverato da alcuni storici tra gli ufficiali dell’EVIS, Esercito Volontario Indipendentista Siciliano, attivo fra il 1944 e il ’46 nell’Isola già sconvolta dalla guerra e dall’invasione angloamericana.
Non mancano però altri storici che smentiscono tale appartenenza denunciando lo sfruttamento del Movimento Indipendentista nei diversi depistaggi della vicenda che riguardano le gesta e la morte di Giuliano classificate come segreto di Stato sino al 2016 ma che tale è rimasto sino ad oggi. Salvatore Giuliano, detto Turiddu, Bannera o Re di Montelepre, e la sua banda sarebbero stati responsabili di 306 omicidi, fra cui quelli in cui trovarono la morte un centinaio fra poliziotti e carabinieri; 178 tentati omicidi; 11 omicidi di massa; 37 sequestri; 37 estorsioni e rapine a mano armata; 86 conflitti a fuoco con le forze dell’ordine. Diverse le taglie milionarie sulla sua testa ma anche Giuliano, all’epoca, mise una taglia di 2 milioni di lire sulla testa dell’allora ministro dell’Interno Mario Scelba, beffando cosi ancora una volta lo Stato. Il 1 maggio del 1947, a Portella della Ginestra, frazione di Piana degli Albanesi, si consumerà un eccidio fra i più efferati che verrà attribuito alla “Banda Giuliano”.
In quell’occasione moriranno, fra uomini, donne e bambini ben 11 persone mentre 27 persone rimarranno ferite. Si trattava di contadini e operai inermi che con le loro famiglie festeggiavano la Festa dei Lavoratori dunque che interesse avrebbe avuto Giuliano a compiere la strage? Oltre ai mitra di Giuliano in zona verranno rilevate altre linee di fuoco a dimostrazione che qualcuno aveva sparato a distanza ravvicinata tra la folla mentre tra le fila del bandito di Montelepre si sarebbero nascosti infiltrati che spararono dai monti dove si nascondeva il grosso della banda. E che dire del terzo fronte di fuoco che colpì con precisione alcune vittime? Al bandito di Montelepre sono state accollate diverse stragi, come quella di Passo Rigano, a Bellolampo in provincia di Palermo, del 19 agosto 1949. Una cinquantina di banditi incappucciati assaltarono la locale caserma dei carabinieri per procurarsi armi e munizioni e per dimostrazione di forza.
Oltre alla caserma gli accoliti di Giuliano attaccarono con mine e mitragliatori un convoglio di militari composto da 60 carabinieri, due autoblinde e cinque camion, giunti in zona come rinforzi. Stavolta Giuliano ed i suoi ebbero la peggio con diversi morti e feriti ma il bandito riuscì ancora una volta a fuggire. Giuliano, con la bandiera Separatista in mano, era diventato una specie di eroe popolare le cui gesta calzavano strette all’allora Governo italiano e alla mafia a vantaggio di potenze straniere come Stati Uniti e Gran Bretagna. Poi il vento era radicalmente cambiato e Giuliano doveva morire.
E con lui quell’immagine di capopopolo che il criminale si era guadagnata sul campo e nei rapporti, stretti, con diversi politici italiani, anche di grosso calibro, con i boss mafiosi che lo consideravano un “cane sciolto” e persino con emissari del governo Usa e non solo. Poi la sua morte, vera o presunta, sopraggiunta a Castelvetrano il 5 luglio 1950. Da chi fu ucciso Salvatore Giuliano? Dal cugino traditore Gaspare Pisciotta o per mano dei carabinieri? Il cadavere ritrovato era quello di Giuliano o di un suo sosia?:
” Mio cognato Marco Cassará, figlio del sindaco dell’epoca di Partinico avvocato Agostino Cassará – riferisce lo scrittore Enrico Somma – mi raccontava che Giuliano gli rubò un cavallo. Il bandito avrebbe fermato l’allora ragazzino di 13 anni sopra Partinico, afferrando le redini dell’equino dicendogli ‘Mi devi prestare il cavallo perché ne ho bisogno. Domani te lo riporto ’. Giuliano mantenne la promessa e la cosa finì li. Alla fine degli anni ’80 poi mio cognato gestiva un bar ad Astoria, N.Y., dove vive una folta comunità di italo-americani in gran parte originari di Partinico, Borgetto, Montelepre e dintorni. E un bel giorno si vide arrivare in taxi, proveniente come disse “da un altro Stato” (probabilmente il vicino New Jersey) un vecchietto che aveva tutte le somiglianze di un 70enne Giuliano, che gli chiese: “Lei è ‘u figghiu du commendaturi?“.
Il sindaco Cassarà era infatti meglio conosciuto con quel titolo dunque mio cognato rispose: “Sì sono io!”. Allora il vecchietto sorridendo disse: “Sono venuto a ringraziarla perché quando quel giorno mi prestò il cavallo mi salvò la vita!”.
Della strana morte del bandito siciliano e della sua fuga in Usa ne aveva parlato più dettagliatamente lo storico delle stragi di Stato Giuseppe Casarrubea in deiverse straordinarie pubblicazioni. Ma anche l’avvocato Gregorio Di Maria, nel cortile del quale venne ritrovato il cadavere di un uomo identificato come Turiddu Giuliano, in punto di morte rivelò altri particolari sulla fuga del brigante in America.
Del resto anche la madre del Re di Montelepre, al momento del riconoscimento, dichiarò basita:”Questo non è mio figlio!”, tranne poi a ritrattare la precedente versione dei fatti dopo che qualcuno le assicurò che suo figlio era vivo e vegeto al di là dell’oceano. Tutti argomenti questi che trovano conferme più o meno palesi nel film di Rosi “Salvatore Giuliano“. Di Turiddu che fuggiva nella nazione dalla bandiera a stelle e strisce ne avrebbe parlato anche Padre Pio con la sorella del bandito, Marianna Giuliano. Il mistero è destinato a rimanere tale e forse per sempre.