Riforma della Giustizia: nel 2019 l’ex procuratore capo di Catanzaro, ora a Napoli, sosteneva il provvedimento oggi allo studio del governo.
Roma – È da tempo che il tema giustizia e magistratura infiamma gli animi e crea fronti contrapposti, così come per l’avvocatura che ha dovuto subire, ciclicamente, modifiche legislative, in ambito civile e penale, che hanno di fatto cambiato una professione, dal punto di vista procedurale, che è divenuta “altra cosa” rispetto a quando molti con passione e spirito di sacrificio iniziarono a frequentare le aule dei tribunali qualche decennio addietro. La pandemia dovuta al covid ha infine modificato il rapporto dei legali anche con le cancellerie. Relazioni umane e professionali si intrecciavano e la stima e conoscenza bastavano a risolvere e superare dubbi ed informazioni, con maggiore snellezza e praticità. Invece, adesso, persino per visionare un semplice fascicolo o chiedere informazioni per i propri assistiti è necessario prendere un appuntamento.
Poi gli infiniti aspetti amministrativi e burocratici, ossia tecnologici, hanno appesantito una professione già resa difficile dal contesto sociale che si sta vivendo. Tutto sta cambiando ed evolvendosi, con i suoi pregi e limiti. Ma tutto ciò, passa in secondo piano, per usare un eufemismo, quando si parla semplicemente del ruolo della magistratura o di una riforma che possa modificare il proprio ruolo e status all’interno del pianeta giustizia. Tutto allora diventa più difficile e contorto, se non addirittura pericoloso. Esporre una propria idea è sufficiente per etichettare l’interlocutore come garantista o giustizialista. Come, inoltre, progressista o conservatore, oppure come interessato a limitare l’indipendenza del “giudice”. Tutto, in questi casi, diventa estremamente pericoloso e muoversi in piena libertà di pensiero diventa difficile, se non si vuole essere etichettati per filo-governativi o di sinistra.
Allora si cerca di prendere come esempio quei magistrati che, con la propria esperienza, espongono criticità, limiti ed idee, forse per evitare, su di sé, una pioggia di critiche ed adesivi di appartenenza a questo o quell’altro schieramento politico. Certamente vi è anche chi non teme ritorsioni e di essere condizionato dal giudizio altrui, e sono tanti, ma molto spesso si preferisce lambire il problema e non affrontarlo direttamente. Anche per timore di perdere la propria autonomia di pensiero per una battaglia che riguarda non solo il fronte interno dell’ANM e della politica, ma tutti. Insomma, ognuno può avere una visione e, non per questo, per esempio dirsi che si vuole, semplicisticamente, limitare il ruolo dei magistrati o renderli “servi” del potere politico. Una follia pensarlo.
Però se ci si sganciasse dal valore delle appartenenze, anche associative, forse si potrebbe lavorare in sintonia per una storica riforma. Una evoluzione, con i suoi pregi e limiti, come è avvenuto per tante attività professionali e “statali”. D’altronde tutto è emendabile e nulla è così definitivo da immaginare un cataclisma, se si vuole “toccare” un ambito come quello dei magistrati ed il ruolo importantissimo che esercitano e che devono svolgere con spirito di indipendenza. Però non facciamone dei martiri e degli “intoccabili”, perché nessuno ha questa prerogativa. Per esempio, già nel 2019 Nicola Gratteri disse:
“Ci possono essere dei magistrati che fanno militanza attiva, che hanno un modo loro di ragionare e può accadere che uno perda di lucidità. Per questi motivi, non vi sarebbe nulla di male se si sottoponessero a dei test attitudinali, come devono fare gli ufficiali e sottufficiali di tutte le forze dell’ordine, così come accade nel privato per i piloti di aereo”.
Questo è solo un esempio, che però dimostra come qualche voce critica dall’interno della magistratura sia magari giudicata “isolata”, ma certamente non strumentale al potere politico o al governo di turno. Nel caso, invece, si arrivasse ad una proposta politica di questo genere il giudizio cambierebbe radicalmente. D’altronde i fatti degli ultimi giorni lo confermano.