Con l’avvento dell’euro, entrato in circolazione in molti Paesi dell’Unione Europea l’1 gennaio 2002, si è assistito ad uno strano fenomeno, ovvero lo stato di semi-indigenza pur percependo un reddito.
Roma – Fu addirittura coniato il termine di “nuovi poveri”. Colpa delle speculazioni finanziarie o di altro, il fatto è che questo aspetto si è inasprito con la crisi economica scaturita dalla pandemia e con l’inflazione che l’anno scorso ha raggiunto la percentuale dell’8,1% in media. Ma la situazione del mondo del lavoro sfiora scenari apocalittici. Secondo un rapporto di Federcontribuenti, associazione senza scopo di lucro per la tutela dei contribuenti, dei consumatori e delle imprese, 1 italiano su 2 percepisce meno di 1.100 euro al mese, senza usufruire di turni, riposi e orari adeguati.
Inoltre, il tasso di occupazione a livello nazionale è del 58%, mentre quello europeo è del 70%. Il 95% della forza lavoro in Italia è offerto da aziende con meno di 10 dipendenti, che fanno parte della categoria dei clienti… affezionati all’Agenzia delle entrate, della riscossione e delle banche. L’associazione ha lanciato i suoi strali contro quello che con un’iperbole definisce “l’occhio ciclopico del Fisco” che mira a colpire queste categorie di imprese e di lavoratori. Infatti, lo Stato manifesta la sua spietatezza con bombardamenti fiscali e costi su lavoro, fino a disintegrare gli stipendi stessi. Se la situazione non cambia, entro il 2030 si corre il rischio di avere un milione in più di cittadini che avranno bisogno di sussidi. E sappiamo tutti che le casse dell’Inps sono in profondo rosso.
Una nota dolente è costituita dalle “Partite Iva”, che rappresentano l’altra faccia della medaglia dei lavoratori italiani. Stando alle ultime dichiarazioni dei redditi, In Italia solo l’1% dei lavoratori guadagna più 100mila euro annui. Mentre il 95% fattura circa 30mila euro lordi. In una situazione di questo tipo, applicando il regime forfettario, da 30mila euro si sarà costretti a versare circa 9mila euro di tasse. Inoltre, detrarre stipendi, costi energetici, fornitori vari e prestiti per finanziarie. Un imprenditore, dunque, dovrebbe vivere con solo il 30% di ciò che guadagna? È possibile? Per la cronaca ricordiamo che il regime forfettario è un particolare regime fiscale per le Partite Iva in vigore dal 2016 che permette di godere di alcune semplificazioni fiscali e contabili.
Di questo passo la povertà si diffonderà a macchia d’olio. Se lo Stato continuerà a prelevare circa il 70% del fatturato, non ci stupiremo se anche gli stipendi saranno pari a 2 euro l’ora. Inoltre, dovranno essere pagati tanti sussidi, per evitare di precipitare nell’indigenza assoluta. Tutte risorse sottratte agli investimenti a favore dello sviluppo economico del Paese. Secondo Federcontribuenti, meno tasse sul lavoro equivalgono a stipendi più alti, pochi sussidi e maggiore crescita economica. La maggior parte dei lavoratori, circa il 55%, espleta le proprie mansioni con contratti part time, pari a un ammontare di circa 700 euro al mese e fanno parte di una fascia d’età tra i 30 e i 50 anni.
Questi poveri cristi, oltre ai magri stipendi, corrono il serio rischio di percepire, se mai lo faranno, anche pensioni da fame. Ora che esista un problema di eccessiva tassazione sul “lavoro” è un fatto risaputo. Come l’esistenza di un’evasione fiscale e contributiva senza limiti che non ha eguali in Europa. In uno Stato democratico serio e moderno le tasse vanno pagate da tutti in maniera equa. Il rischio che si corre in rapporti come quello di Federcontribuenti è quello di far apparire lo Stato come una sanguisuga assetata di prelievi forzati, che vessa il laborioso cittadino. Mentre si sa che non è proprio così!