Il recente flop di Giorgia al Parlamento europeo mette a rischio tutto il Pnrr: ai fondi europei è legata la stabilità del nuovo governo. Viene il sospetto che francesi e tedeschi vogliano usarlo come strumento per manipolarci…
Roma – I fondi derivanti dal Pnrr continuano a tenere desta l’attenzione di tutti gli osservatori. Nel Piano non ci sono solo le grandi opere ma anche una miriade di interventi che, se fossero resi noti tutti, la gente avrebbe più di un dubbio. O almeno, così spiega qualche parlamentare leghista bene informato che intende mettere legna sul fuoco.
D’altronde indebitarsi ha senso se i soldi vengono spesi bene, altrimenti è meglio non farlo. Ragionamento che non fa una piega, ma che si presta a tante speculazioni. La Lega che ha sostenuto anche tale assunto presta il fianco a chi ha interesse a gonfiare un “polverone tossico“. Comunque, le difficoltà dell’Italia sul Pnrr ormai sono di dominio pubblico.
Dopo la decisione del governo di uscire allo scoperto sui ritardi e sugli obiettivi matematicamente irraggiungibili, ora la premier Meloni teme per le ripercussioni in ambito europea. Solleva anche alcuni sospetti sulle osservazioni riguardo Recovery provenienti da Bruxelles. Lo fa dopo aver sentito e parlato con molti leader europei. Lo sfogo è tutt’altro che tenero, anzi amaro e purtroppo verosimile. “Sfrutteranno i nostri errori per provare a bloccarci“, è il senso dei ragionamenti della premier. Intendono, cioè, farlo prima delle Europee, perché dopo le elezioni sarebbe troppo tardi.
Insomma, la presidente del Consiglio teme che alcuni movimenti ostili convergano da Parigi e Berlino. Così, le rispettive leadership, preoccupate dal voto delle Europee del 2024 e dalla possibilità di spostare a destra la prossima Commissione si insinuano sulle temporanee difficoltà dell’Italia. La presunta rigidità mostrata dagli emissari di Ursula von der Leyen, di Macron e Scholz di fronte alle richieste italiane di una maggiore flessibilità, starebbe lì a confermare i timori. L’idea di fondo è che il solido patto tra francesi e tedeschi a Bruxelles abbia messo nel mirino Roma.
Il timore, fondato, è che si punti a inchiodare Meloni ai colpevoli ritardi del Piano, che esistono e sono dirompenti anche se per nulla pregiudizievoli, per renderla in tal modo meno forte alla prova del voto europeo del 2024. La battaglia per i nuovi equilibri europei non è per nulla soft ed il terminale di questi interessi “di bottega” riguarda l’Italia. Su questi argomenti, anche se non verranno confermati, non ci dovrebbe essere conflittualità interna perché riguarda l’intero Paese. In sostanza l’Italia dovrebbe camminare, indipendentemente dai colori politici e di appartenenza, come un solo uomo, facendo muro su eventuali conflittualità europee.
L’incessante richiesta delle opposizioni di un passaggio in Aula da parte del governo per fare un punto sullo stato dell’arte del Pnrr, anche alla luce della posizione espressa dalla Lega sull’utilizzo dei fondi, alla fine è andata a segno. L’esecutivo ha infatti accolto volentieri l’invito a riferire in Parlamento sullo stato di attuazione del Piano.
A parlare alle Camere sarà il titolare del dossier, ovvero Raffaele Fitto. Il ministro per gli Affari Europei ha spiegato che non avrà “nessuna difficoltà a farlo anche perché l’appuntamento viene considerato un’opportunità. Anzi, un’ottima occasione di confronto – ha sottolinea Fitto – per approfondire e chiarire il merito delle questioni”. In ogni caso, per il governo la strada da percorrere resta quella di rimodulare il Pnrr senza per questo dover fare a meno di una fetta degli oltre 200 miliardi stanziati per l’Italia. Una ipotesi, quella della rinuncia ai fondi, avanzata dal capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari, che invece Meloni smentisce affermando che “riusciremo a spenderli e a ricontrattare”. Parole che non rassicurano il Pd, il quale ritiene che vi siano “verità nascoste”.