Gli effetti economici della tragedia sanitaria si trascineranno avanti nel tempo ed i piccoli recuperi, a breve e medio termine, non saranno sufficienti senza un piano finanziario strategico
Milano – Gli effetti economici della pandemia non si sono fatti attendere troppo, hanno garantito e potrebbero ancora garantire in tutto il mondo il crollo delle borse. Queste contaminazioni economiche ci portano indietro alla crisi finanziaria globale del 2007 dovuta al fallimento degli istituti finanziari statunitensi, in particolar modo le Banche d’affari che elargivano mutui ad alto rischio: i famosi mutui subprime. Per far fronte agli effetti economici destabilizzanti dell’infezione, in tutto il mondo si sta facendo ampio uso degli strumenti di debito a disposizione degli Stati. In questo periodo non sono solo gli Stati a contrarre debiti. Numerosissime imprese attraversano una crisi estremamente profonda e si ritrovano a far fronte a pagamenti correnti attraverso lo strumento del ricorso all’indebitamento. La crisi economica attuale è veramente abissale e in continuo peggioramento se non interverranno soluzioni salvavita. Le attività commerciali rischiano il collasso poiché per un periodo di tempo indeterminato l’utile d’impresa potrebbe essere uguale a zero. La carenza di moneta circolante potrebbe avere un impatto devastante sui sistemi economici, ormai collegati in un mondo economico globalizzato.
Sulla scia del quantitative easing (l’immissione di una grande quantità di denaro nell’economia europea attraverso l’acquisto di titoli di Stato da parte della Banca Centrale Europea) di Mario Draghi, le banche centrali si stanno attrezzando per ripetere piani d’emergenza di grande impatto. Anche la Banca d’Italia partecipa alle decisioni della BCE in quanto facente parte integrante della politica monetaria dell’Eurosistema. In questo momento gli effetti economici della pandemia sono ancora inconsistenti. Il ritardo degli effetti del virus sull’economia sono facilmente riscontrabili dall’analisi del mercato cinese. La Cina non ha avuto una contrazione disastrosa in termini di dati macroeconomici attualmente rilevati tramite indici statistici; quindi gli effetti saranno evidenti solamente nei prossimi mesi. In queste circostanze drammatiche l’unica soluzione plausibile sembra essere quella di un massiccio intervento statale, a livello centrale e regionale, con l’ampio ricorso a strumenti finanziari eurounitari che possano convogliare la stagnazione verso un percorso di pronta risalita.
Ancora una volta si riaffaccia sul palco l’idea che sia necessario un intervento importante dello Stato nell’economia. Appare lontanissima nel tempo – quasi archeologica – l’idea delle privatizzazioni e liberalizzazioni che dominavano gli anni ‘80, in special modo nei sistemi di common law; la libera economia di mercato lanciata dalla forza propulsiva di leader come Margaret Thatcher e Ronald Reagan. In questo momento storico sale nuovamente in auge il concetto di uno Stato più che regolatore: uno «Stato salvatore».