PD, corsa a 4 per il nuovo leader. Ma c’è un favorito

Dopo il fallimento della “gestione” Letta, il Partito Democratico è alla ricerca di una nuova leadership che possa dare nuova linfa per le prossime tornate elettorali.

Roma – Faide, correnti, battaglie nominaliste, formalismi e occupazione dei posti di potere. Ma anche calcoli, tatticismi privi di pensieri lunghi, conflitti e recriminazioni personali. Questo è il Pd. Ci vorrebbe invece un vero e proprio taglio, un’invenzione, un gesto forte, inequivocabile, quasi poetico e rivoluzionario insieme. Insomma, discontinuità. Ma nulla all’orizzonte. Alcuni sondaggi sul Partito democratico indicano che Bonaccini è il più quotato per divenire segretario.

Ma in questo caso non vi sarebbe nessuna metamorfosi del Pd, ma solo la continuazione di una strategia di “campo largo”, già sentita e risentita ed ancora poi smentita nei fatti alle ultime elezioni nazionali. Il sondaggio è stato realizzato tra il 9 e il 13 gennaio e, tra i quesiti, veniva chiesto anche quale sarebbe il miglior candidato per il Nazareno. Così Stefano Bonaccini riceve un gradimento del 41%, Elly Schlein il 23%, Paola De Micheli il 10%, Gianni Cuperlo il 9%. Le primarie del Partito democratico si svolgeranno il prossimo 26 febbraio.

Stefano Bonaccini, Elly Schlein, Paola De Micheli e Gianni Cuperlo.

Sono attese al voto 900mila persone, ma le truppe cammellate di diversa estrazione politica sono al lavoro per portare, comunque, più persone ad esprimersi, indipendentemente dal programma dei singoli. Le primarie più che rianimare un partito in crisi o in coma dovrebbe essere l’apertura di una nuova stagione politica. Ma la logica sterile delle alleanze non lascia il posto alla forza di aggregazione di un movimento che si struttura dal basso, plurale, pragmatico, non ideologico. Una nuova leadership dovrebbe essere capace di facilitare questa aggregazione e non di governarla dall’alto.

Al di là di ogni valutazione circa la strategia dei singoli candidati per riformare o mantenere lo status quo del partito, di novità, intesa come entusiasmo, non c’è traccia. De Micheli, data in ultima posizione e non molto gradita all’entourage dei dirigenti piddini, cerca spazio ma i margini sono pochi. È la prima donna ad avere avuto il coraggio di candidarsi, indipendentemente dalle cordate delle correnti che finora hanno solo fatto male al partito, mentre gli altri candidati hanno atteso di capire quanto gradimento avesse la propria candidatura e di formare gli schieramenti.

Paola De Micheli

Per la Schlein, per esempio, si è fatta, in corsa, una modifica statutaria per permetterle in extremis di riscriversi al partito dopo averlo abbandonato qualche anno addietro ed è il frutto delle “alchimie dell’apparato dem”. A sostenerla non solo Franceschini, ma anche tanti altri ex ministri e parlamentari “datati”. Il presidente della Regione dell’Emilia-Romagna, invece, è da tempo pronto a candidarsi, ma al di là delle sue indubbie capacità amministrative, la guida di un partito è ben altra cosa.

Si sa, ormai, che i democratici vanno sempre in cerca di un “salvatore”, così come fu per Letta. Ma il feeling dura sempre poco e le lame sono sempre affilate e pronte a colpire. Cuperlo, infine, è stato l’ultimo a sentire il bisogno di inserirsi nella competizione, ma solo per filosofeggiare sulle prospettive di una sinistra sempre più assente nella società e non certo per colpa di ripensamenti ideologici, ma per delusione e manifesta incapacità di interpretare i reali bisogni di un Paese che ha bisogno di più sognatori. In ogni caso, Cuperlo, è stato già presidente del partito ai tempi di Renzi, dopo essere stato battuto alle primarie dallo stesso leader toscano.

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