Il presunto assassino di Luigia Borrelli, dopo 30 anni, ha finalmente un volto. A seguito di una doviziosa ricostruzione, il profilo genetico maschile rinvenuto sulla scena del crimine viene attribuito a Fortunato Verduci, carrozziere genovese.
GENOVA – E’ il 5 settembre 1995. Sono ormai 3 anni che Luigia Borrelli si prostituisce per ripagare i debiti contratti a strozzo. Una vita dura quella di Luigia, ex infermiera. Un’esistenza tormentata che verrà stroncata in maniera brutale. La figlia non vedendola rientrare in quella maledetta serata afosa avvisa le forze dell’ordine. La mattina successiva i carabinieri si precipitano all’appartamento dove la donna, conosciuta come “Antonella”, esercita la professione più antica del mondo, in Vico degli Indoratori numero 64. Ciò che si palesa davanti gli occhi dei militari è terribile. L’abitazione è completamente a soqquadro, il cadavere della donna è steso per terra in un lago di sangue. La salma è livida dalle ecchimosi e ha un trapano infilato in gola. Le indagini corrono nelle più svariate direzioni. Verrà indagato anche il figlio 22enne della vittima, Roberto Andreini, ragazzo dalla vita e dalle frequentazioni decisamente borderline, morto suicida nel 2014.
Escluso quest’ultimo dalla lista dei sospettati tocca a Ottavio Salis, operaio edile sardo di 52 anni, che proprio durante quel settembre del 1995 stava effettuando alcuni lavori di ristrutturazione presso l’appartamento della Borrelli. Quello che rende la posizione di Salis decisamente critica agli occhi degli investigatori è che il trapano spinto nella gola della vittima è di sua proprietà. Salis non farà in tempo ad assistere alla sua assoluzione, si toglierà la vita gettandosi dal viadotto di fronte la Lanterna. I media lo avevano già “condannato” dichiarandolo colpevole.
Si fa avanti anche l’ipotesi di una spedizione punitiva da parte di rivali in affari. Oppure è stato qualcuno che ha scritto una lettera anonima alla Pm Patrizia Petruzziello, una lettera credibile, densa di particolari di cui solo l’omicida può essere a conoscenza. No, ancora una volta nulla di fatto. Nel 2022 un docu-crime su Sky riaccende i fari sul fattaccio. La figlia di una ex collega della Borrelli afferma di conoscere l’omicida: è un primario dell’ospedale San Martino, già cliente della vittima e, a detta della testimone, zeppo di lividi e graffi nei giorni seguenti il delitto. Nel 2023 il test del Dna sul medico, già deceduto nel 2021, risulta negativo. A questo punto il buio sembra destinato a calare sulla vicenda, poi inaspettatamente la svolta.
Dal buio alla svolta
Come nella più classica delle sceneggiature thriller sarà il Dna a dare un volto al presunto assassino di Luigia Borrelli. Come estrema ratio il profilo genetico rinvenuto sulla scena del crimine nel 1995 viene inserito nel database del Ministero della Giustizia. Il risultato è la parziale compatibilità col profilo genetico appartenente ad un individuo già detenuto nel carcere di Brescia. Ricostruendo i legami parentali dell’individuo si giunge alla conclusione che l’unica persona che avrebbe potuto essere presente sul luogo del delitto, con quel particolare profilo genetico, quella sera del 5 settembre 1995 è Fortunato Verduci, lontano parente del carcerato bresciano.
Viene disposto dal Pm Petruzziello il prelievo del Dna per Verduci. Una volta confrontato con quello del presunto assassino il riscontro positivo è praticamente indubbio. Tra i pesanti elementi probatori a carico dell’uomo ci sono anche le sigarette che il sospettato fuma abitualmente, Diana blu, le stesse rinvenute sulla scena del crimine. Ad aumentare il carico un’intercettazione telefonica, il carrozziere si sarebbe tradito attribuendosi un altro delitto, elemento non ritenuto comunque determinante per l’arresto. Sempre secondo la Pm il movente dell’omicidio va ricercato nei problemi di ludopatia di Verduci. Secondo la ricostruzione degli inquirenti l’artigiano, sommerso dai debiti, avrebbe ucciso Luigia Borrelli per rapinarla.
Un altro caso di omicidio irrisolto dalle dinamiche simili è negli ultimi giorni in corso di valutazione da parte degli investigatori. Si tratta dell’omicidio di Anna Rossi Lamberti, una merciaia trovata morta sempre a Genova ma nel 1998. Il Dna dell’indagato verrà comparato con le tracce biologiche trovate sulla scena del crimine. Non ci resta altro che attendere e sperare che un altro cold case venga definitivamente risolto.