I dati dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico dice che peggio di noi ci sono solo Repubblica Ceca e Svezia.
Roma – I salari sono… allergici ai lavoratori italiani. E’ da qualche anno che i lavoratori italiani si trovano col portafoglio sempre più leggero, non perché siano spendaccioni, ma al contrario, perché la pecunia sembra essere indifferente alle loro grida di dolore e preferisce altri lidi. Il carrello della spesa è sempre più vuoto, le incombenze quotidiane di molte famiglie italiane sono sempre più pressanti e onerose che non si sa più a quale santo votarsi. Bollette dell’energia elettrica e del gas sempre più salate e con i climatizzatori che stanno andando a più non posso per il caldo asfissiante di questi giorni, i costi arriveranno alle stelle. Una situazione del genere è la peggiore delle economie di maggior rilievo. Nessun’altra ha toccato il fondo come l’Italia, della serie “ci facciamo sempre riconoscere”!
I dati del rapporto sulle “Prospettive occupazionali” a cura dell’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, che effettua studi economici per i Paesi membri, aventi in comune un sistema di governo di tipo democratico ed un’economia di mercato) fanno rabbrividire. In confronto con economie degli altri Paesi, i lavoratori italiani sono risultati quelli… preferiti (si fa per dire) dalla crisi post pandemia, dall’inflazione così galoppante che… non smette mai di correre e dalla stagnazione economica. Dal 2019 ad oggi i salari reali, i più significativi perché permettono al lavoratore di acquistare beni e servizi, sono diminuiti del 6,9%. Vale a dire che i lavoratori italiani, nel periodo preso in esame, hanno visto volatizzarsi mediamente 2 mila euro all’anno, che per chi vive di stipendi o salari sembrano pochi, ma sono, invece, una cifra importante.
Dando un’occhiata ai dati degli altri Paesi OCSE, è balzato all’occhio che, sempre nello stesso periodo, i salari reali sono aumentati dell’1,5%. Addirittura, Paesi come Ungheria e Polonia hanno raggiunto un incremento del 10%. Più in dettaglio, la Grecia dopo anni di ristrettezze, iniziate nel 2009 con la crisi del debito sovrano, sta mostrando segni di risveglio con una crescita del 3,6%, mentre Germania e Spagna sono ritornate ai livelli prima della pandemia. Le prospettive nel prossimo futuro -sempre secondo l’OCSE-non sono granché incoraggianti. Malgrado ci sia stata una lieve ripresa grazie alla revisione dei contratti collettivi, come ad esempio nel comparto dei servizi, l’aumento salariale nel prossimo biennio dovrebbe essere risibile. Infatti, i salari nominali, che stanno ad indicare la quantità di moneta guadagnata dal lavoratore per il servizio prestato, nel Belpaese subiranno un aumento del 2,7% quest’anno e del 2,5% l’anno prossimo.
Ma è ancora poco, in quanto “significativamente inferiori”, come scrive testualmente l’OCSE, rispetto agli altri Paesi ad economia di mercato. Analizzando il “caso Italia”, l’OCSE dedica particolare attenzione sul nuovo “Assegno di inclusione” (Adi) che ha sostituito il “Reddito di cittadinanza”. Com’è noto, il primo è una misura di sostegno economico ai fini dell’inclusione sociale e professionale, in vigore dal 1° gennaio 2024. La sua erogazione è condizionata al possesso di requisiti di varia natura (economici, di residenza/cittadinanza, di composizione del nucleo familiare) ma soprattutto è legata a doppio filo alla condizione di aderire a un percorso personalizzato di attivazione sociale e lavorativa. Il secondo, introdotto nel 2019, è stata una misura di politica attiva del lavoro e di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale. Si trattava di un sostegno economico ad integrazione dei redditi familiari. L’OCESE invita il governo italiano ad estendere l’Adi alla popolazione a rischio povertà e con irrisorie possibilità di entrare nel mondo del lavoro, per garantire che i più fragili abbiano una, seppur minima, rete di sicurezza sociale. Il nostro governo accetterà l’invito dell’OCSE o farà finta di niente! Ai posteri…