L’atto è valido anche quando ci si trova in un altro stato dell’Unione Europea purchè l’ufficiale dello Stato civile sia delegato a queste incombenze. In Germania però potrebbero sorgere problemi che potrebbero invalidare il provevdimento perchè preventivamente non riconosciuto dall’autorità giudiziaria competente.
Roma – Dalla data di entrata in vigore dell’art. 12 della legge 162/2014, i coniugi ormai possono comparire di fronte all’ufficiale dello Stato Civile del Comune per concludere un accordo di separazione, divorzio o di modifica delle precedenti condizioni di separazione o di divorzio. L’accordo, però, non deve contenere patti di trasferimento patrimoniale o prevedere l’obbligo di pagamento di una somma di denaro a titolo di assegno periodico. Peraltro anche un divorzio davanti ad un “ufficiale dello Stato Civile”, delegato a queste procedure, è valido in ogni Stato dell’Unione europea. Lo stabilisce una sentenza della Corte di Giustizia Ue.
Pertanto qualsiasi decisione emessa dalle autorità extragiudiziali competenti in materia in uno Stato membro deve essere riconosciuta automaticamente, nel rispetto delle regole europee. Nonostante questa precisazione sono sorti alcuni problemi interpretativi. Nel 2018 a seguito di un procedimento di divorzio extragiudiziale ai sensi del diritto italiano, una coppia di nazionalità tedesca ed italiana ha ottenuto un certificato di divorzio rilasciato dall’ufficiale dello stato civile italiano.
I servizi dello Stato civile tedeschi però hanno rifiutato la trascrizione del divorzio con la motivazione che esso non era stato previamente riconosciuto dall’autorità giudiziaria tedesca competente. A questo punto parte il ricorso e viene investita della controversia la Corte federale di Giustizia teutonica, la quale si rivolge alla Corte di Giustizia dell’Unione. Quest’ultima con una sentenza dichiara che un atto di divorzio redatto da un ufficiale dello Stato civile di un Paese membro di origine, contenente un accordo di divorzio concluso dai coniugi e confermato da questi ultimi dinanzi a detto ufficiale, in conformità alle condizioni previste dalla normativa di tale Stato membro, rappresenta una “decisione” ai sensi del regolamento Bruxelles II bis.
La Corte, in particolare, precisa che in materia di divorzio il termine “decisione” contenuto in tale regolamento comprende qualsiasi deliberazione, in ambito divorzile, emessa nella sfera di un procedimento giudiziario o extragiudiziale. Ciò a condizione che il diritto degli Stati membri attribuisca competenze in materia di divorzio anche alle autorità extragiudiziali. Pertanto, “qualsiasi decisione emessa dalle competenti autorità investite, in materia di divorzio in uno Stato membro, deve essere riconosciuta automaticamente, senza alcuna successiva ratifica, purché nel rispetto delle condizioni previste dal citato regolamento”.
Per quanto riguarda il caso in specie, cioè del marito di nazionalità tedesca e della moglie italiana, la Corte rileva che, in quanto autorità legalmente costituita, l’ufficiale dello stato civile italiano è competente a pronunciare il divorzio in modo giuridicamente vincolante. Ovvero registrando per iscritto l’accordo di divorzio redatto dai coniugi dopo aver riscontrato in termini di validità, l’informazione delle conseguenze dell’atto ed il reciproco consenso al divorzio.
L’autorità, in sostanza, verifica l’accordo alla luce delle disposizioni giuridiche in vigore, assicurandosi che la proposta riguarda unicamente lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, con l’esclusione di qualsiasi trasferimento patrimoniale o del coinvolgimento di figli che non siano maggiorenni ed economicamente autosufficienti. Ne consegue che dopo l’istruttoria quanto sottoscritto e concordato deve essere automaticamente riconosciuto dai servizi dello stato civile tedeschi.