Nemmeno scuola e cultura mettono al tappeto la superstizione

Itinerario curioso tra luoghi, monumenti e statue che si dice sia meglio evitare per arrivare alla sudata laurea.

Roma – Non è vero… ma ci credo! E’ il titolo di una commedia di Peppino De Filippo del 1952. Narra le vicissitudini di un signore vittima della scaramanzia. Il titolo sembrerebbe appropriato per la “Giornata Anti-Superstizione” celebratisi venerdì 17 novembre. Ormai si celebrano talmente tante giornata che non basta il calendario annuale, si dovrebbero aggiungere altri giorni! Secondo la tradizione popolare e contadina, il venerdì 17 è un giorno funesto, intriso di sfortuna che potrebbe riversarsi sulle azioni umane. Il CICAP (Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sulle pseudoscienze) è un’organizzazione educativa senza fini di lucro, fondata nel 1989 per promuovere un’indagine scientifica e critica nei confronti delle pseudoscienze e del paranormale, dei misteri e dell’insolito, con l’obiettivo di diffondere la mentalità scientifica e lo spirito critico.

Lo scorso anno, proprio il fatidico venerdì 17 novembre, ha organizzato una speciale giornata anti-superstizione allo scopo di confutare queste credenze. La giornata è stata dedicata al mondo della scuola con tutti i riti, scaramanzie e scongiuri. Come, ad esempio, quel particolare indumento indossato che, si pensa, può essere un talismano per non essere interrogato.

La presunta iattura attribuita al numero 17 affonda le radici nella storia

L’idea che il numero 17 sia fonte di sventura risale alla tradizione religiosa cristiana e greco-latina. Il venerdì 17 è il giorno della morte di Gesù secondo i Vangeli. Ma già nell’antica Grecia era considerato portatore di disgrazie, perché si trovava in mezzo ai numeri 16 e 18, considerati perfetti.

Inoltre, secondo la Genesi, il diluvio universale iniziò nel giorno 17. Nell’antica Roma, il numero era collegato alla XVII legione che fu sterminata dai Germani. Nella Cabbala ebraica, ossia l’insieme degli insegnamenti esoterici, invece, il 17 è la somma dell’alfabeto ebraico che definiscono la parola “bene”.

Nemmeno le istituzioni universitarie sfuggono ai pregiudizi.  Ad esempio, è consuetudine evitare le torri, perché se si va fino in cima, non ci si laurea. Questo vale per la Torre degli Asinelli a Bologna, quella del Mangia a Siena e quella pendente di Pisa.

Non è vero…ma ci credo: la Mole Antonelliana non porta bene agli universitari

Altri luoghi, da cui è meglio stare lontano per gli universitari, sono la Mole Antonelliana a Torino, il campanile di Giotto a Firenze, in quanto l’artista morì prima di aver finito l’opera. Gli influssi malefici sono addebitati anche alle statue. A Pavia, meglio che gli studenti non incrocino lo sguardo della statua di Minerva, altrimenti non si laureeranno. A Napoli, è sconsigliato visitare quella del Cristo velato, presso il Museo della Cappella Sansevero, soprattutto per chi studia “Arte”. Gli esempi potrebbero continuare quasi all’infinito, perché sono tanti e con molte sfaccettature.

Desta meraviglia che propria l’Università, luogo di cultura, sapere e scienza per eccellenza, sia oggetto di riti scaramantici, quasi in contrasto con la sua funzione educativa.

Tuttavia, la parte irrazionale dell’essere umano è strettamente legata alla fase primordiale dell’esistenza, che è rimasta impressa nella propria coscienza da risultare incancellabile. Questo legame emerge quando si vuole respingere supposti influssi negativi attribuiti a situazioni, ambienti o addirittura a individui, per proteggersi dai quali vengono utilizzati rituali, scongiuri, formule magiche, nonché amuleti. Fino a quando si resta in un confine accettabile, vale il detto: “Non è vero… ma ci credo!”. Per il resto, meglio affidarsi a principi certi, affidabili e scientifici!

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