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Nella polveriera delle carceri: da Nord a Sud scene da “Arancia meccanica” e aggressioni

I sindacati di polizia raccontano l’apocalisse che ha invaso gli istituti di pena. E anche i detenuti protestano con lo sciopero della fame.

Roma – Da Nord a Sud le carceri scoppiano. La situazione è sempre più fuori controllo: suicidi, aggressioni agli agenti, cellulari che girano nelle celle, regolamenti di conti. Scene da Arancia Meccanica. Gli appelli a misure deflattive per disinnescare la polveriera con liberazioni anticipate e soluzioni immediate restano parole nel vuoto. E intanto nella ‘Suburra’ delle carceri, sede di quel ‘sottoproletariato umano’ dove vivere è sopravvivere, le aggressioni agli agenti penitenziari sono all’ordine del giorno, i suicidi tra i detenuti aumentano a vista d’occhio e si è raggiunto anche il record degli omicidi dietro le sbarre. Nelle ultime ore è un bollettino di guerra: è di ieri la notizia della rivolta e dell’incendio nel carcere minorile milanese Beccaria.

L’istituto minorile finito al centro di un’inchiesta per i soprusi ai detenuti – il ministro Nordio ha inviato nei giorni scorsi nuovo personale – è solo una goccia nel mare magnum di quanto sta accadendo. Da Milano a Caserta la situazione non cambia. Aggressioni agli operatori penitenziari, scarse risorse, senso di abbandono, questi sono i fenomeni risonanti che giungono ormai all’unisono dalle carceri campane: a farne le spese ieri pomeriggio sono due giovani agenti del Reparto Danubio del carcere di Santa Maria Capua Vetere, brutalmente aggrediti, da alcuni detenuti perché hanno impedito loro di portare a termine un tentativo di regolamento di conti interno”.

A rendere noto il grave episodio, in un comunicato congiunto, sono i sindacati Sinappe, Uil Pp Pa, Uspp e Cisl Fns che esprimono la propria vicinanza e solidarietà “non solo agli agenti feriti ma a tutti coloro che oggi più che mai dimostrano senso delle istituzioni e abnegazione continuando a fare sicurezza laddove la sicurezza dovrebbe essere un diritto assoluto per chi opera nell’adempimento del proprio mandato istituzionale”. “Stiamo assistendo a una carneficina, – concludono i sindacati – in un sistema Penitenziario ormai al collasso assoluto, motivo per cui nei prossimi giorni i sindacati in modo congiunto protesteremo dinanzi alla sede del Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria”.

Anche nel carcere Le Vallette di Torino due agenti penitenziari, un ispettore e un assistente, sono stati aggrediti da un gruppo di detenuti stranieri che, in condizioni di evidente alterazione  – come riferisce l’Organizzazione sindacale Osapp – hanno dato “alle fiamme materassi, messo a soqquadro celle, distrutto telecamere, computer e suppellettili e causato ingenti danni alla struttura imbracciando gli estintori al secondo piano del Padiglione B. Per tutelare l’incolumità fisica di tutti si è reso necessario richiamare il personale di Polizia penitenziaria libero dal servizio per coadiuvare i colleghi. Solo grazie a tale intervento e dopo più di qualche ora di trattative si è potuto riprendere il controllo, evitando il peggio”.

L’ispettore e l’assistente, nel tentativo di ristabilire l’ordine, sono rimasti feriti ed accompagnati al pronto soccorso dell’ospedale Maria Vittoria di Torino, da dove sono stati dimessi con una prognosi di cinque giorni. “Il carcere è fuori controllo, il personale è stremato, alcune unità ieri hanno espletato servizio nel carcere Torinese per ben 14 ore consecutive”chiarisce l’Osapp, che denuncia da molto tempo gravi violazioni di legge nella programmazione dei turni dei servizi. Ma quanto accaduto a Torino è la fotografia nuda e cruda di una questione diventata nazionale. A raccontare la situazione al Nord è Leo Beneduci, segretario generale dell’Osapp.

“Il caos e la perdita dei significati e dei necessari risultati nella detenzione scontata nelle carceri del distretto Piemonte – Liguria – Valle d’Aosta, con particolare riferimento alle carceri di Torino, di Cuneo e di Ivrea – fa notare il leader sindacale – sono diventati di tale evidenza e gravità da sconsigliare persino l’allocazione di ulteriori detenuti negli istituti di pena di tale territorio. Altrettanto drammatici – incalza – e senza rimedio, le condizioni di lavoro e i quotidiani rischi del personale di Polizia penitenziaria impegnato, senza organici adeguati, nella impari battaglia di contrasto alla tossicodipendenza ed alla malattia mentale interne ormai al sistema, nonché nel crescente contrasto con gli interessi delle criminalità organizzate”.

Da Torino scendiamo a Terni, anche qui il carcere scoppia e la situazione è drammatica. Sabato scorso, per l’ennesima volta si è verificata un’aggressione ad un agente che ha riportato venti giorni di prognosi per la frattura della mandibola. Un detenuto, all’uscita dalla propria cella gli ha sferrato un cazzotto. I sindacati Sappe, Sippe, Sinappe e Fns Cisl tuonano: “Siamo stanchi di raccontare l’ennesimo atto di violenza subito e non per questo accettiamo di subire passivamente scelte sconsiderate dell’amministrazione penitenziaria che si ripercuotono sui nostri territori creando disagi anche a tutta la collettività”. A Terni i detenuti sono 570 a fronte di una capienza regolamentare di 400 posti: è una struttura penitenziaria ormai adattata a carcere di massima sicurezza e di Primo livello.

Il Prap Toscana-Umbria in questi anni “ha deconcentrato il trasferimento dei detenuti nella nostra regione, sia per sfollamento che per ragioni di ordine e sicurezza e per ristrutturazione dei propri istituti. Il dato è tratto – affermano le sigle sindacali -, Terni insieme a Spoleto sono diventate le due strutture capo saldo del sistema penitenziario Toscana-Umbria raccogliendo il maggior numero dei detenuti a fronte di un minore contingente a disposizione.

La maglia di un agente aggredito

Ecco perché i sindacati sono in rivolta e in stato di agitazione, sia a Spoleto che a Terni “ma da parte del Dap e del Provveditore Pier Paolo D’Andria – denunciano – nessun intervento risolutivo. I cinque istituti di Primo livello sono Terni, Spoleto, Firenze, Prato e Livorno. Gli istituti con la maggior presenza di detenuti e minor personale sono Terni, Spoleto e Prato. E’ l’assenza inequivocabile di intervento della politica e una minor considerazione della nostra regione”.

Stesso copione in Puglia: la settimana scorsa tre aggressioni, a distanza di poche ore, nelle carceri di Taranto, Lecce e Foggia. Le vittime sono degli agenti di polizia penitenziaria aggrediti da detenuti o dopo essere intervenuti per aver provato a placare risse tra chi condivide le stesse celle. L’ennesimo episodio riferito da Pasquale Montesano, segretario generale aggiunto dell’Osapp. Gli episodi sarebbero accaduti il 22, il 24 e il 26 aprile negli istituti di pena di Foggia, Lecce e Taranto. Nel primo, un agente ha riportato 10 giorni di prognosi causati da un calcio inferto da un detenuto di origini albanesi; nel penitenziario leccese un poliziotto è stato colpito da un pugno al volto dopo aver provato a calmare un gruppo di detenuti coinvolti in una rissa, mentre a Taranto un recluso ha preso a calci e pugni un agente che ha riportato una prognosi di un mese.

Una escalation di violenza e una condizione insopportabile che ha spinto gli stessi detenuti alla protesta, partita il 27 aprile dal carcere di Rebibbia Nuovo Complesso. Con una lettera resa pubblica da Nessuno tocchi Caino, un recluso, Giovanni Granieri, ha comunicato di aver iniziato uno sciopero nazionale ad oltranza nelle carceri italiane.I detenuti non acquisteranno più la spesa fino a data da destinarsi. Questo sciopero – ha scritto Granieri in una lettera – è un atto di estrema necessità per protestare contro le condizioni disumane in cui noi detenuti siamo costretti a vivere. Le condizioni delle carceri, già difficili, sono diventate ormai insostenibili e non mostrano alcun segno di miglioramento”.

Granieri ha raccontato che i detenuti avevano riposto qualche speranza nell’approvazione dell’aumento dei giorni di liberazione anticipata (D.d.l. C 552), ma anche questa speranza sembra sfumare a causa delle continue opposizioni e rinvii. Questa situazione – ha fatto notare – non ha nulla a che fare con la pena che stiamo scontando per gli errori che abbiamo commesso e ricordiamo che ci sono moltissime persone vittime di errori giudiziari, ancor più persone in attesa di giudizio e molti malati terminali. In queste condizioni, la rieducazione sancita dall’art.27 della Costituzione Italiana diventa impossibile. Le condizioni carcerarie rappresentano un problema strutturale che va oltre le singole responsabilità. Il sistema penitenziario necessita di una profonda riforma per garantire giustizia e dignità a tutti i detenuti”.

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